Due anni fa avviavo la scrittura di quello che sarebbe stato il mio post più lungo, sentito e immersivo. Due anni dopo mi limiterò a qualche riga per celebrare, ricordare e (soprattutto) spargere il verbo di quella che, a mio modestissimo avviso, ad oggi è la serie migliore di tutti i tempi. Ho usato l'aggettivo "migliore" e non "più bella" in maniera voluta, a sottolineare quanto potrebbero esserci serie tv che riscontrino maggiormente il gusto ed il favore di ognuno di voi ma difficilmente troverete una serie migliore e più completa di Better Call Saul.
Dal punto di vista di quello che gli americani chiamano "cinematography" è opinione assai diffusa che lo spinoff di Breaking Bad rappresenti il non plus ultra sul piccolo schermo, quel termine di paragone a cui tutti, dall'uscita dello show in poi, dovrebbero ambire quando in caso decidessero di salpare per un'avventura seriale.
Il termine di paragone precedente, daltronde, Better Call Saul ce lo aveva e ce lo ha in casa, con quella Breaking Bad che sembrava inarrivabile per tutti e che oggi sembra aver perso, anche da parte dei suoi stessi fan, quello scettro sicuro proprio per "colpa" del suo figliastro (leggete centinaia di topic su Reddit per crederci).
Sono due serie potentissime, mirabili, indimenticabili e che, se vogliamo, partono dallo stesso concetto e raggiungono lo stesso obiettivo ovvero dimostrare come una persona comune, apparentemente innocua, possa diventare, per indole o necessità un "Tony Montana" (citando le parole dello stesso Vince Gilligan).
Lo fanno, però, con toni e sfumature diverse che ne esaltano le caratteristiche specifiche rendendole autonome, uniche e indipendenti ma al tempo stesso indissolubili, siamesi e necessarie l'una per l'altra.
Se Breaking Bad nascondeva più scene cult (mito che prima o poi proverò comunque a sfatare), maggiore azione e quelle frasi ad effetto diventate icone ("I am the One Who Knocks"; "Science, Bitch!"; "I Am The Danger"; "Say My Name" e cosi via), un cast brillante di cui Better Call Saul sarebbe diventato un sottoinsieme con l'aggiunta preziosissima di 3-4 attori fantastici tra cui spiccava una fenomenale Rhea Seehorn, Better Call Saul ha risposto con un tono molto più leggero e scanzonato, un oscillare continuo fra almeno tre linee temporali di cui due manifeste (presente e futuro) ed una sottointesa (gli eventi di Breaking Bad), preferendo muovere l'azione per immagini, per dialoghi, per evoluzione stessa dei personaggi che la animavano.
Better Call Saul è stata spesso indicata come una serie "lenta" (ammesso che sia un difetto) quando in realtà rappresenta l'esempio di una delle pochissime serie con zero "low". Provate, infatti, a seguire un episodio a caso di Better Call Saul e alla fine ponetevi la domanda "mi sono annoiato?" o anche "ho assistito a qualche istante non utile alla narrazione in tutto l'episodio?". La risposta sarà sempre netta ed inequivocabile.
Perdonate i pensieri sparsi ma prendo questo momento come un momento sacro e doveroso durante il quale provare a rendere omaggio ad uno show immenso e, al contempo, fare breccia nel cuore degli scettici (ma perchè vi fate del male?!) e di quelli che Better Call Saul ancora non l'hanno vista (cosa aspettate?!). Per uno come me, che vive di pane e serie tv, che per diletto scrive di serialità senza chiedere nulla in cambio e che si alza in piedi ad applaudire quelle 3-4 serie clamorose all'anno, ricordare Better Call Saul è come ricordare Maradona per Lele Adani o Michael Jordan per Flavio Tranquillo o Domenico Modugno per Vincenzo Mollica. E' una cosa doverosa, un segno di rispetto ossequioso nei confronti di chi ha fatto la storia.
Rhea Seehorn, che citavo prima, è entrata in punta di piedi, da personaggio che sembrava essere marginale ed è uscita da questo show come il personaggio femminile migliore della storia della tv a mio sempre modestissimo avviso. La sua Kim Wexler (a cui ho dedicato un post) è stata la meteora che dentro e fuori dal racconto ha sparigliato le carte. Per Saul lei è stata il faro, il baluardo che ha dato lui quella (falsa) speranza di potercela fare, di poter essere l'uomo brillante che era senza dover ricorrere a trucchi, trucchetti e imbrogli da azzeccagarbugli. Kim rappresentava un'anima salvifica mai noiosa e scontata. Per noi spettatori, invece, Kim rappresentava l'inspiegabile, l'imponderabile visto che mai era apparsa, mai era stata nominata in Breaking Bad nonostante fosse per Saul la figura più importante della propria esistenza e del proprio passato (per noi spettatori di Breaking Bad). Che fine avesse fatto, per mano di chi fosse stata ammazzata qualora fosse stato questo il suo destino, perchè non comparisse, perchè non la si nominasse, perchè non c'è traccia di lei nel vissuto del Saul breakingbadiano erano domande che stagione dopo stagione ci tormentavano e che trovarono degna soluzione nella sontuosa stagione finale. Kim Wexler ci ha tenuti sempre col fiato sospeso, che fossimo appesi alle sorti di Jimmy o curiosi di trovare una spiegazione ultima alla sua assenza in Breaking Bad.
Better Call Saul è stata anche la serie del bianco e nero alternato alle immagini a colori, un'alternanza elegante e funzionale a proiettarci nell'uno o l'altro multiverso abitato da Saul Goodman. Eh si, perchè narrativamente ed esistenzialmente parlando, il Saul che conoscevamo era distante anni luce da quello che vediamo nello show che è ancor più distante dal baffuto e sbiadito Gene in versione bianco e nero. La genialità di Vince Gilligan e Gould è fatta anche di questi dettagli, di queste scelte che hanno sorpreso sin dall'istante 0 dello show.
Alzi la mano, infatti, chi si aspettava che il pilot (qui la recensione) potesse avere come protagonista un tale James "Jimmy" McGill, sosia di Saul Goodman che Saul Goodman (ancora) non era, ne nella forma ne nella sostanza. Un colpo di genio assoluto che spazzò via ogni certezza e ci gettò in una nuvola soffice e accogliente all'interno della quale tutto sarebbe potuto succedere.
Perchè quel simpatico e bonaccione ragazzo, oscurato dal brillante fratello Chuck, e ridotto al ruolo di "garzone" legale del fratellone, osteggiato da colleghi, preso mai sul serio da amici e conoscenti, si sarebbe tramutato nello spietato avvocato di Heisenberg e del cartello? E soprattutto, come sarebbe avvenuta questa metamorfosi? Quante vittime avrebbe causato? Quanto Jimmy sarebbe rimasto in Saul? Un po' come i Targaryen che in House of The Dragon dominano il mondo ma che in quello stesso mondo di lì a ad un secolo e poco più non esisteranno più, quanto tempo impiegherà Jimmy ad estinguersi, lasciando spazio a Saul?
Abbiamo avuto a disposizione 5 implacabili stagioni per scoprirlo.
Gilligan e Gould si son serviti di volti noti ai fan come quelli di personaggi iconici come Gus Fring e Mike Ermentrhaut, introducendo, però, altrettanti personaggi che sarebbero diventati indimenticabili, dai già citati Chuck e Kim ai "secondari" Nacho, Howard e Lalo.
Il viaggio sarebbe stato di quelli che si fanno una volta nella vita, di quelli che ti porti dentro e di cui vorresti immortalare ogni secondo.
Per nostra fortuna, a differenza di un viaggio, basterà , in qualsiasi momento "play" per poter tornare indietro nel tempo a quando Saul era Jimmy, Gene non esisteva, Viktor neppure e tutto quell'universo era ancora integralmente da costruire cosi come la storia, i dolori, gli amori e i dilemmi del giovane James McGill.
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