Quando qualche anno fa, seppi che anche National Geographic stava producendo la sua prima serie tv, ebbi la sensazione che si stesse forse esagerando. Da "serialfiller" della prima ora, da predicatore della potenziale supremazia autoriale delle serie tv sulle altre forme di arte visiva da 15 anni a questa parte, dovrei vedere di buon occhio qualsiasi operazione seriale. Nel caso di quella notizia non fu cosi. Bastarono, però, pochi episodi della prima stagione di Genius, con protagonista Albert Einstein, per rendermi conto dell'errore di valutazione.
Anche una piattaforma come National Geographic avrebbe potuto dire la sua in merito, magari senza confezionare un capolavoro (daltronde in quanti possono dire di esserci riusciti?) ma di certo allargando l'offerta seriale e aggiungendo un altro scaffale alla libreria seriale di ciascuno di noi.
Genius sarebbe andata avanti, grazie all'ottimo successo riscontrato e grazie ad una formula antologica capace di intercettare sentimenti ed esigente di ogni momento storico.
La prima stagione su Einstein e la seconda su Pablo Picasso, potevano contare, oltre che su 2 personaggi storici stra-famosi, anche su 2 attori noti a tutti come Geoffrey Rush e Antonio Banderas, non a caso spesso premiati per queste 2 interpretazioni. Queste 2 componenti avevano permesso alla serie di spiccare il volo e regalare a National Geographic un buon successo.
Dopo oltre 2 anni di "stop", poche settimane fa ha debuttato la terza stagione e questa volta ci ha trascinato sulle note e con la voce della protagonista, nella vita di Aretha Franklin.
La poliedrica Cynthia Erivo interpreta la regina del soul. La scelta dell'attrice, compositrice, cantante britannica è di certo "furba", come moltre altre scelte di questa terza annata, ma forse meno perfetta di quelle effettuate nelle prime 2 stagioni. Con la Erivo si riesce a raggiungere una buona empatia "canora" e si riesce a regalare un'ottima performance rispetto alla Franklin cantante e musicista ma si fatica ad amarla nelle vesti di donna, di figlia, di moglie.
Il lato umano della Franklin, a mio modestissimo avviso, è debolmente affrontato, faticando ad emergere in un racconto generale che è molto meno incisivo di quello relativo alle prime 2 stagioni.
Il biopic sulla regina del soul è francamente molto superficiale.
Ci vengono mostrate le origini e l'evoluzione ma è davvero difficile immaginare l'impatto che la Franklin abbia avuto sulla musica, sulla storia del novecento e sulla comunità afroamericana, a volersi soffermare solo e soltanto su questi 8 episodi.
Per farla breve, non sarà questa stagione di Genius a farci capire chi è stata e cosa ha rappresentato Aretha Franklin mentre con le prime 2 stagioni, nonostante ci fosse probabilmente ancora più materiale utile ai 2 racconti, ci era sembrato di aggiungere molte sfaccettature e notizie rispetto ai persoanggi storici raccontati.
Al termine della visione di Genius: Aretha Franklin, si ha la sensazione di aver assistito al racconto di una storia tutto sommato abbastanza ordinaria legata ad una persona ordinaria ma dal talento unico e speciale. Si dirà che non è cosi e che di vicende "speciali", tragiche e tormentate la vita di Aretha ne è piena, e forse avreste ragione a sostenerlo, ma è pur vero che, ridotta all'osso, la storia di Aretha è una storia abbastanza standard per una ragazza afroamericana vissuta in quegli anni, al netto di qualche differenza qua e là. Da questo punto di vista, bene han fatto gli autori a sottolineare, forse oltremodo, il ruolo del padre di Aretha, il pastore C.L.Franklin, uomo di fede ma anche un gran farabutto. Family man con la passione per le donne, fedifrago, ricco, mai rigido ma sicuramente molto influente, C.L. ci appare nelle vesti di un vero e proprio villain in questa storia, nonchè, forse, la figura più importante della serie, probabilmente anche più della stessa Franklin.
Se ci pensate, anche solo il dubbio che un personaggio secondario possa ricoprire la stessa importanza di colei che da il nome alla serie è quasi ai limiti dell'imbarazzante. Più che importante, il papà di Aretha, appare ingombrante.
Chiassoso, onnipresente, ingiustificabile, egli è lo stereotipo dell'uomo da non sposare, da non amare, da non idolatrare.
E' molto interessante, da questo punto di vista, il rapporto fra i 2. Aretha non può perdonarlo ma non può non amarlo, in un contrasto vivo sulla propria carne dal primo all'ultimo giorno di vita.
Volendo riassumere quello che questa serie ha trasmesso è probabilmente questo, un rapporto quasi perverso fra un padre padrone, mai vittima e sempre carnefice, mai violento ma sempre dispotico ed una bambina dolce, gentile, talentuosa che il mondo ha conosciuto come La regina del soul.
Spogliata di questo rapporto tormentato ed esiziale, la vita di Aretha è tutt'altro che straordinaria.
Ha talento.
Lo coltiva.
Incontra la casa discografica che le da tutto sommato una buona visibilità.
Un produttore bianco ma che crede fortemente in lei.
Ha un rapporto coniugale burrascoso.
Vive di musica e di famiglia.
Non mostra grossi eccessi anche a causa della sua rigida educazione e del timore della vendetta di Dio, e di suo padre.
Affonda le radici nel Gospel.
Ad un certo punto realizza di essere parte di un popolo, quello afroamericano, vessato da ingiustizie eterne e soprusi imperdonabili.
Aretha si getta anima e corpo, ma senza quella convinzione decisiva, nella lotta per i diritti della sua gente.
Il suo successo viene minato dal suo stesso impegno.
Il padre muore.
Lei ci rimane malissimo.
Aretha invecchia ma la sua musica no.
La dico brutta: non ci ho trovato nulla di cosi imperdibile in questo percorso se non il fatto che in quanto "suo" è un percorso importante e da raccontare.
Infine una nota su quella che è stata la scelta che reputo legittima ma furba da parte di National Geographic. Dopo 2 annate passate a celebrare 2 personaggi "bianchi", l'emittente ha deciso di virare su 2 annate incentrate su 2 icone "black". Non ne avrò mai abbastanza di serie o film che raccontino le gesta degli eroi afroamericani o delle atroci violenze da essi subite ma è difficile non pensare che questa scelta più che autoriale sia solo un modo per provare ad essere "sul pezzo", accontentando un pubblico oggi più che mai attento alle istanze del popolo afroamericano.
In definitiva, e per darvi uno spiraglio di luce a fine recensione. la terza stagione di Genius non è affatto a livello delle altre 2 ma riesce comunque a trasportarvi dentro la vita e la storia di una delle più belle voci che il pianeta terra abbia conosciuto e di una delle cantanti più apprezzate dell'ultimo secolo.
Al termine della visione della serie si ha ancora una volta la sensazione di essere riusciti a capire meglio la donna dietro il personaggio e di amare quest'ultimo forse un po di più rispetto a quando si era iniziato questo cammino seriale.
Manca il guizzo, forse manca l'anima e questa è forse la più grande contraddizione per una serie ispirata alla leggendaria queen of soul, la cui traduzione letterale è proprio "regina dell'anima".
La serie antologica di National geographic, disponibile anche su Disney Plus, procederà con una quarta stagione, dove verranno raccontate le gesta di un personaggio fondamentale del '900, apparso fugacemente anche in "Aretha". Stiamo parlando di Martin Luther King Jr.
Riusciranno gli autori a rendergli la giustizia che merita?
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