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Bridgerton: il debutto di Shondaland su Netflix fila liscio come l'olio

Chiunque segua con interesse e attenzione l'evoluzione della streaming battle (qui trovate un mio approfondimento) avrà notato, come fra i cambi di direzione di Netflix ve ne sia uno che, pur agendo in continuità con gli albori della piattaforma, potrebbe essere la carta vincente per tenere lontane dagli spettatori le sirene di Disney Plus, Apple Tv, Prime Video e cosi via.

Sto parlando del tentativo di Netflix di accaparrarsi e contrattualizzare autori di livello assoluto e molto famosi nell'ambito della serialità.

Il primo ad essere stato messo in bacheca è stato Ryan Murphy. Il prolifico autore ha già consegnato a Netflix 3 serie tv (Hollywood, The Politician e Ratched) ed un film come "Prom", suggerendo a noi tutti che la strada maestra che Netflix vorrebbe seguire è quella di regalare molti titoli "bollati" da autori acclamati senza perdere di qualità.

A Murphy si sono aggiunti tanti autori internazionali ma anche più geograficamente localizzati nelle varie aree del mondo (basti pensare al fenomeno "La Casa di Carta"), fino ad arrivare a pezzi da 90 come Benioff & Weiss (Game of Thrones) e Shonda Rhimes (Grey's Anatomy).

Ed è proprio di quest'ultima l'operazione che ha più recentemente visto la luce.

L'esordio di Shondaland (la casa di produzione fondata dalla stessa Rhimes) è avvenuto a poche ore dalla notte di capodanno con un titolo che ha esordito al quinto posto all time come numero di visualizzazioni nel giorno di debutto.

Parliamo di Bridgerton e dopo l'immagine di copertina proverò a parlarvene, come sempre senza spolier ma con qualche cenno a personaggi ed ambientazione.

Partiamo col dire una cosa fondamentale per chi volesse approcciarsi alla visione della serie.

Bridgerton è un prodotto in costume, ambientato in Inghilterra oltre un secolo fa e la cui trama si articola a corte, intesa come quel micromondo che orbita intorno a tradizioni ed etichette emanazione del modus vivendi della regina e dei suoi cortigiani.

Abiti d'epoca, carrozze, castelli, lacchè, donne in cerca di marito, uomini in cerca di svago e di eredi, casate, nobiltà, pettegolezzi.

Shonda Rhimes decide di abbandonare le corsie d'ospedale di Grey's Anatomy, i palazzi del potere di Scandal e le aule di tribunale di How To Get Away With Murder per trasportarci e trasportarsi in un luogo molto lontano nel tempo rispetto alle sue abitudini.

Ciò nonostante il tentativo è quello di non abbandonare la leggerezza tipica delle sue creature e la volontà di raccontare amori e amore in tutte le proprie forme, con il condimento di intrighi, rumours, malelingue, storie strappalacrime che proprio non riesce ad abbandonare.

Il risultato è un prodotto molto figlio di Shonda ma anche molto figlio proprio di Ryan Murphy.

Sarebbe difficile distinguere, a prima vista, Bridgerton da una serie di Ryan Murphy ambientata negli stessi luoghi e nello stesso tempo.

Colori, toni, ritmo e personaggi sembrano usciti da un brainstorming fra l'autore di American Horror Story e Shonda Rhimes.

Il tratto distintivo, quello che stacca la poetica Shondiana da quella Murphyana, è tutto nella voglia di porre l'accento sulla componente romantica e gossippara (tipica dei prodotti della Rhimes) più che sulla componente più marcatamente umana, molto più cara a Ryan Murphy.

Aldilà di questa analogia stilistica Bridgerton fa il suo compito e lo fa bene ma risulta un prodotto troppo facile e troppo poco "importante" rispetto all'occasione.

L'impatto che può avere sul giudizio che ne si vorrebbe dare è lo stesso che ebbi a fare rispetto al fenomeno "La Regina degli scacchi". La serie con Ana Taylor Joy era perfetta e ineccepibile ma mancava di quel furore e di quel tocco autoriale che avrebbero potuto renderla unica e immortale. In quella serie (sempre targata Netflix) c'era, se non altro, un riuscitissimo tentativo di raccontare una storia fatta e finita senza nutrire il bisogno nello spettatore di "sognare" inutili retroscena o orpelli che non avrebbero dato alcun valore aggiunto alla storia stessa e al suo splendido personaggio.

In Bridgerton la sensazione è più o meno la stessa ma con molte più considerazioni negative rispetto a quelle che si sarebbero potute esprimere per "The Queen's Gambit".

La serie di Shonda Rhimes non ha grosse sbavature. I personaggi sono piacevoli e ben delineati, il contorno allieta lo spettatore con personaggi simpatici o empatici, alcune sottotrame funzionano bene, la trama principale ha un suo dignitosissimo sviluppo dal risvolto inequivocabile per quanto atteso.

Detto ciò, però, non si può non considerare come Bridgerton sia un prodotto di puro intrattenimento e senza alcun lascito sostanziale. La visione della serie Netflix non lascia nulla allo spettatore. E' come bere una coca cola fresca in estate durante un pomeriggio afoso o come passeggiare in un borghetto qualunque durante una domenica mattina. Non lascia nulla se non un momentaneo senso di piacevolezza.

Non c'è durevolezza in Bridgerton.

Non è certo un peccato capitale, se lo fosse dovrebbero cancellare dai cataloghi il 99,99% dei titoli, ma va detto e ripetuto sempre in casi come questo in cui si rischia di far diventare fenomenale un prodotto solo normale.

Non c'è nulla di sbagliato nell'essere piacevole, leggero e normale.

Basta saperlo ed evitare equivoci.

Moccia non è Kant.

Novella 2000 non è l'Internazionale.

Patti chiari e amicizia lunga, come si suol dire su suolo italico.

Cosa ci lascia dunque questa opera prima Netflixiana di Shonda Rhimes?

Ci lascia la consapevolezza che Netflix e Shonda abbiano ottenuto quello che desideravano, cosi come gli spettatori devoti alla poetica Shondiana.

I 2 protagonisti sono deliziosamente adorabili, ognuno con le proprie caratteristiche ed il loro rapporto evolve in maniera succulenta ma senza guizzi particolari.

L'amore trionfa cosi come il pettegolezzo, e non è un caso se la terza incomoda, il protagonista numero 3 sia proprio una scrittrice gossippara e misteriosa capace di sobillare il popolo di nobili e nobili mancati, uomini e donne in cerca di un amore o di un titolo da acquisire.

Potremmo definirla una serie frivola ma verremmo etichettati come snob.

Definirla una serie fiabesca forse renderebbe il tutto più accettabile.

E allora chiamiamola così.

Bridgerton è una bella fiaba, con dei bei protagonisti e dove una storia d'amore occupa tutto lo spazio che merita, tra pensieri, parole, opere e omissioni tipiche di ogni amore tormentato, ancor più tormentato se cinto da corpetti stretti e abiti pomposi, tra balli di debuttanti e stagioni inaugurali da celebrare.

Netflix porta a casa una serie di gran successo e molto chiacchierata. Shonda Rhimes un contrattone ed una visibilità enorme. I fan di Grey's Anatomy e Scandal un nuovo titolo da idolatrare.

Per gli altri cosa rimane?

Una stanza vuota e una carrozza ad attenderli verso il prossimo viaggio, possibilmente lontano da Bridgerton.


 

Sviluppo Personaggi: 6,5 Complessità: 5 Originalità: 6 Profondità: 5 Cast: 6 Trama: 6+ Impatto sulla serialità contemporanea: 5 Componente Drama: 7 Componente Comedy: 2 Comparto tecnico: 6,5 Regia: 6 Intrattenimento: 9 Coinvolgimento emotivo: 7 Soundtrack: 5


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