Un finale di una serie tv è sempre difficile da raccontare.
A differenza di un film, un prodotto seriale si presta ad una fidelizzazione che raggiunge la quasi fisica ed emotiva vicinanza fra lo spettatore e i propri beniamini televisivi.
Lasciare andare un personaggio, che ti ha, letteralmente, fatto compagnia per 5-6-10 anni, è quanto di più vicino ad una rottura sentimentale o all'abbandono di un amico in un'immaginario parallelismo tra la nostra vita reale e la nostra vita digital-virtuale.
Cosi come per le storie d'amore, anche per i finali di serie ci si lascia andare a commozione o rabbia, delusione o malinconia, nostalgia o rimpianto, o, nella maggior parte delle occasioni, ad un mix di varie emozioni positive e negative.
Il serialfiller, rispetto ai finali, vive un contrasto di Gameofthronesiana memoria (a proposito di finali inequivocabilmente deludenti) , quasi come se lui, il/la serialfiller fosse il perfetto centro fra il ghiaccio e il fuoco, fra un drago arrabbiato e una tempesta di neve.
Da un lato vige una rispettosa attesa, il tanto abusato "hype", per scoprire "come andrà a finire". Dall'altro una preventiva angoscia nel sapere che quelle saranno le ultime battute che il Walter White di turno pronuncerà, gli ultimi pugni che il Daredevil Netflixiano infliggerà, gli ultimi sguardi che Olivia Dunham lancerà, gli ultimi momenti che Jax Teller condividerà con noi.
E' una marcia di avvicinamento tanto inesorabile quanto compassata che ogni anno si ripete, sempre diversa e sempre uguale a se stessa.
Titoli diversi, generi diverse, attese diverse, eppure solita fibrillazione, ansia e attesa dell'attesa che, come diceva una famosa pubblicità, è spesso essa stessa il piacere.
In un 2020 speciale non sono state poche le serie tv di un certo rilievo a concludere la propria corsa.
Abbiamo iniziato questo strano anno con l'addio di Bojack Horseman, il cavallo più umano della tv che ci ha fatto sentire più vuoti, svuotati dalle tante osservazioni esistenziali in cui ci ha trascinato. E' stato anche l'anno dell'addio di Carrie Mathison e di Homeland, una serie capace di vincere un golden globe quasi 10 anni fa e che pochi mesi fa ha chiuso il cerchio in maniera, se non perfetta, soddisfacente. Ma è stato anche il momento di dire addio ad una serie che in sole 3 stagioni è riuscita a rendersi indispensabile, direttamente dalla nebbia della foresta tedesca di Winden.

Dark ha concluso il suo viaggio, temporale e spaziale, il 27 giugno 2020, data da sempre cara a Jonas e compagni e che è tornata ancora e ancora a ricorrere nel nostro binge watching estivo.
Sgombrando immediatamente il campo, va detto che non solo il finale ha soddisfatto ma ha estremamente sorpreso, se non per il suo assoluto livello, certamente ha sorpreso per la sua capacità di restare focalizzati su un obiettivo impossibile.
Un successo planetario che nessuno si sarebbe aspettato ma che affonda in un lavoro concettualmente complesso e pazientemente costruito nel tempo.
Il tempo.
Nella giungla di personaggi, e relative versioni giovani, adulte, anziane, parallele, l'unica costante, il vero protagonista è stato il tempo.
Di Dark si è parlato e si parlerà ancora tanto.
Oggi mi soffermo su un commento spoileroso sugli eventi del finale ed in generale della stagione finale. Un modo come un altro per ricordare, celebrare e rilanciare la serie tedesca ad un anno esatto dalla sua conclusione.
Che Spoiler sia!
La seconda stagione di Dark ci aveva lasciato con un cliffangher che aveva sorpreso, come ogni buon cliffangher dovrebbe fare, e preoccupato.
L'introduzione di un universo parallelo avrebbe giovato ad un racconto già immensamente intrecciato e stratificato?
L'ultima stagione avrebbe dovuto rispondere a questa domanda.
La Martha numero 2 è ancora viva e porta Jonas con sè nell'universo parallelo.
Come scopriremo poi, non sarà questo l'ultimo e l'unico universo parallelo con cui Jonas / Adam / Martha / Eva dovranno fare i conti.
Dopo aver conosciuto Adam, conosciamo Eva, che altri non è che un'anziana Martha.
Altro momento WTF.
Martha e Jonas, promessi amanti e amati per sempre, sono in lotta, nel tempo, l'uno contro l'altra.

Cosa sarà successo?
Cosa avrà portato i rugosi e invecchiati Jonas e Martha a farsi la guerra?
La vita probabilmente, ma anche l'ossessione.
L'ossessione per il tempo, per quell'astratta entità immutabile ma eternamente in movimento, in avanti, linearmente o forse ciclicamente come Dark ci insegna.
Ogni personaggio finirà per autodefinire se stesso, in un rimando filosofico per nulla banale.
Ogni azione dell'uno determinare la reazione e la definizione dell'altro, non intenso come altra persona ma come versione diversa di se stessi.
Un gioco ancora più complesso stavolta perchè contaminato da universo altro rispetto a quello conosciuto.
Solo chi avrà capito appieno il significato della parola sacrificio, riuscirà a trovare la chiave, l'origine.
Un'origine che Adam voleva trovare e annientare, regalando un paradiso di buio e silenzio ad un'umanità costretta a vivere ciclicamente ed eternamente gli stessi dolori.
Un'origine che Eva vorrà preservare, per amore, amore di suo figlio, delle versioni bambine, adulte e anziane del suo nato.
Un bambino nato dall'amore fra il Jonas che conoscevamo dal primo minuto della prima stagione, e dalla nuova Martha, quella dell'universo parallelo.
Un'anima innocente figlia di 2 mondi, ponte di 2 mondi.
Ecco cosa ha diviso Martha e Jonas, un figlio, la cosa che più di ogni altra dovrebbe legare 2 persone, finirà per separarle eternamente.
Da un lato un Jonas diventato adulto, consapevole della posta in palio. Il suo Adam sarà disposto a fermare il mondo per cessare una sofferenza che proprio lui con i suoi viaggi temporali, il suo tentativo di sistemare le cose, il suo legame con Martha, ha innescato.
Dall'altro una Martha che ha dovuto uccidere, non solo metaforicamente, se stessa per scoprirsi disposta a tutto pur di salvaguardare la sua creatura.
Ma, come spesso accade, per quanto si voglia essere obiettivi, l'amore ed il coinvolgimento emotivo, l'ossessione stessa, ci spingono a commettere errori, spesso errori di valutazione.
Colui che era considerato l'origine di tutto, il figlio mai nato, non era in realtà responsabile di alcunchè.

Ci vorrà la paziente e perseverante Claudia per ricongiungere Adamo ed Eva e convincere Martha e Jonas a porre definitivo rimedio a quell'incessante vortice di sofferenza e pena.
Se origine c'è stata non è stata in quel mondo, in quei 2 mondi.
L'origine è un terzo mondo, non estraneo, non figlio, bensì padre.
Padre di 2 mondi venuti dal dolore, creati ancora una volta da un essere umano disperato, corroso e accecato dalla voglia di combattere il tempo e piegarlo alle sue volontà.
Il vecchio Tannhaus, un terzo Tannhaus era riuscito, nel cosiddetto mondo d'origine, a creare una macchina del tempo che avrebbe dovuto riportare indietro suo figlio, morto insieme alla moglie e alla figlia Charlotte, qualche anno addietro in un incidente stradale, proprio sopra un ponte.
Un ponte, figura ricorrente. Visivamente e dialogicamente. Il ponte di Einstein Rhosen, il ponte che attraverseranno Jonas e Martha per connettersi al mondo d'origine, il ponte fra i 2 mondi precedentemente conosciuti.
Ma un ponte, si sa, è fatto per unire popoli e città e anche in questo caso sarà decisivo per mettere insieme i pezzi di un puzzle intricatissimo.
Jonas e Martha si insineuranno nell'apocalisse tra i loro rispettivi mondi di origine. Un personalissimo big bang entro il quale il tempo si è fermato per un'istante.
Un istante che ha creato un varco entro il quale Jonas e Martha sono riusciti ad accedere, approdare nel mondo di origine e sventare l'incidente che sarebbe dovuto accadere quella notte, su quel ponte, alla famiglia di Thannaus.
Con un finale alla Infinity War i nostri Adam ed Eva si dissolvono, spariscono insieme ad ogni loro particella.
Tutto questo accade come è sempre accaduto.
Moriranno per continuare a vivere.
Non letteralmente però. Come vedremo, l'ultima scena sarà riservata a tutti i protagonisti "puri", quelli che i viaggi nel tempo non era riuscito a contaminare. Tutti coloro i quali non appartenevano a nessun albero genealogico che discendesse dagli incontri temporali fra i crononauti di Winden.
E cosi vediamo Anna, Catarina ed una Regina finalmente viva, finalmente salva, seduti attorno ad un tavolo insiema ad altri pochi compagni di viaggio.
Sono versioni alterate di quelle che conosciamo, versioni reali, vive e appartenenti al mondo di origine che Thannaus non ha provato ad alterare nella sua dimensione temporale.
L'inquadratura finale è tutta per Anna, e per quell'impermeabile giallo, simbolo di quell'incontro senza tempo e senza dimora avvenuto da qualche parte, in qualche momento fra Jonas e Martha, fra l'Adamo e l'Eva di 2 versioni ineluttabilmente legate di Winden, Germania.
Per chi volesse leggere un commento più ampio su Dark vi rimando a questo articolo scritto qualche tempo fa e pubblicato su questi schermi: