Fossimo stati su mamma Rai avremmo sentenziato "Ascolti record per la nuova Fiction di Rai 1 ambientata a Napoli e Procida". La fiction in questione sarebbe stata Generazione 56 K, il "canale" non più rai 1 ma Netflix; il motivo di tanto successo, probabilmente, il gruppo dietro l'intera operazione ovvero i The Jackal.
Netflix è stata abilissima, come sempre, a lanciare Generazione 56 K come "la serie dei The Jackal" che, in realtà, qui sono in vesti varie ma che non si possono certo definire gli unici e soli dietro questa operazione.
Francesco Ebbasta, membro storico e di primo pelo del gruppo napoletono, ne è il regista/autore, Frù e Fabio, 2 dei volti più noti di The Jackal sono protagonisti, molto secondari seppur abbastanza presenti, di quella che non esiterei a definire una "Romantic Comedy".
I 2 protagonisti assoluti e veri sono Daniel (Angelo Spagnoletti) e Matilda (Cristina Cappelli), giovani nostalgici che alle prese con la maturità, con la fase adultissima della loro giovinezza, si rifugiano nei ricordi e nelle attese nel tentativo di trovare riparo in questo frenetico mondo fatto di app, incontri a distanza, amori a distanza, iperconnessione e mancanza di veri contatti.
Con questa operazione i The Jackal e tutti gli autori fanno una dichiarazione chiarissima: gli anni 2020 sono pieni di opportunità, ricchissimi di idee e strumenti che avremmo ipotizzato nascere in un futuro lontano, ma sono anni privi di quel pathos e quella lentezza essenziale che caratterizzava i meravigliosi e indimenticabili anni'90.
In questo senso, Generazione 56 K, rappresenta un vero e proprio inno a quell'epoca oramai lontana un quarto di secolo ed indimenticabile per chi in quegli anni era solo un bambino o un adolescente, con i piedi in 2 ere geologiche diversissime fra loro eppure cosi vicine.
Non è un caso se a fungere da colonna sonora ricorrente siano le canzoni di Max Pezzali e degli 883, gruppo che in quegli anni spopolava e che quella generazione ha assurto a custode musicale della memoria di quei tempi e di quelle sensazioni. Ricordo nel ricordo, gli 883 con "Gli Anni" hanno celebrato un vero e proprio inno al passato e a quei momenti che universalmente, ciascuno di noi, serba nel proprio cuore come periodi felici e spensierati.
Ed ecco forse il tema centrale di tutto questo discorso.
La spensieratezza.
Se è vero che Daniel e Matilda si ritrovano in una fase "disperata" ma matura della loro vita, è altrettanto vero che la reciproca attrazione nasce da una serata spensierata vissuta insieme in un bar, tra confessioni, occhi dolci, karaoke e anche 2 conati di vomito.
Entrambi, intrappolati nelle rispettive vite adulte, vivono un'esperienza catartica, insieme a quello che in passato era un compagno di giochi, avventure e confessioni fanciullesche.
I The Jackal ci hanno abituati alla spensieratezza senza mai abbandonare la riflessione.
Con questa serie sembrano volerci dire che quel mantra può vivere con ciascuno di noi nella vita di tutti i giorni, basta volerlo ma soprattutto è necessario essere disposti a rinunciare a vecchi amici e vecchi amori, a mettere via paure e ansie ed abbandonare i sentieri più noti che la vita ci presenta davanti.
Più che Daniel è Matilda a doversi sacrificare.
E' lei ad avere un futuro marito ad attenderla. E' lei ad avere un sogno parigino da rincorrere. E' sempre lei ad essersi costruita una vita con intenti apparentemente chiarissimi. Studio, lavoro, amore, matrimonio e distacco dal padre perennemente assente.
E' lei che esce stravolta dall'incontro con Daniel.
E' lei a trovarsi nella situazione di tormento interiore che da un lato brucia tutto e dall'altro fa fiorire passioni e sensazioni oramai sopite.
Generazione 56 K non è una serie perfetta e non è neppure una serie "bella" in senso stretto ma è sicuramente una serie che sa cosa vuole e cosa vuole raccontare e riesce a farlo egregiamente, senza voler mai strafare, conscia di quello che è e che può offrire. Non si azzarda a fare il passo più lungo della gamba come ad esempio ha fatto "Zero". Non si prende troppo sul serio sulla falsariga di Baby o Suburra e neppure vuole atteggiarsi a fenomeno comico che non riesce ad essere mai nonostante gli sforzi. Sa di avere a disposizione una bella location come Napoli, come Procida, attori giovani e attraente con un volto da attori ma con ancora molto, moltissimo da imparare, di avere volti notissimo come Fru e Fabio per scavalcare la fila, una storia semplice ma forte, intenti banali ma chiarissimi e di riuscire a cavalcare con musiche e citazioni tanti momenti imprescindibili per il popolo dei trentenni e dei quarantenni di oggi.
Gli autori usano l'effetto nostalgia senza abusarne e si pongono con umiltà stoica di fronte allo spettatore. Ne vien fuori una serie che, come vedrete dai miei voti, è tutt'altro che perfetta, tutt'altro che "consigliabile" ma che di certo merita ogni bene, grazie alla sua capacità di darci qualche piccolo input di riflessione e regalarci momenti di godibile intrattenimento.
Non sarà il massimo ma non è nemmeno poco.
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