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Lucky Hank: cinismo e consapevolezza ed il solito gigantesco Odenkirk

L'infaticabile Bob Odenkirk, non senza nostalgia (cosi mi piace immaginare) ha abbandonato i panni del leggendario Saul Goodman per indossare gli abiti polverosi, sgualciti ed autunnali di un professore di letteratura di un'università secondaria e periferica degli Stati Uniti D'America.

Quel professore è il protagonista di Lucky Hank, fino a questo momento serie tv di punta del 2023 di AMC.

Al suo fianco la solare Mireille Enos che tutti i fan di The Killing, certamente, ricorderanno con affetto.

Dopo avervi anticipato alcune cose, oramai qualche mese fa, con le mie consuete first impressions, oggi ritorno da voi con un bilancio complessivo su quella che è stata la prima stagione dello show.

So che siete curiosi di sapere in quale posizione della classifica LIVE del 2023 si trovi. Appagatevi gratuitamente cliccando qui per esplorare tutta la lunga lista!

Gli 8 episodi che compongono la prima stagione della serie sono stati sufficienti per farsi un'idea di cosa essa volesse raccontare e di quali possano essere i punti di forza ed i punti deboli.

Quello che è stato molto difficile capire è se questo fosse uno show da consigliare o no, da applaudire o no, da non perdere o da dimenticare.

Ancora oggi, nonostante abbia apprezzato molto la serie, ancor di più l'interpretazione del grande Bob, e abbia gustato con piacere ogni singolo episodio, fatico estremamente a darmi, e a darvi, quelle risposte.

Lucky Hank è infatti un prodotto che non aggiunge nulla al panorama seriale, che non introduce grosse novità, che non brilla particolarmente per originalità ma che, al tempo stesso, riesce a dire cose importanti, a fare riflessioni notevoli sulla natura e la condizione umana, a scardinare determinati prototipi di personaggi complessi ma non troppo e pretestuosamente profondi.

E' uno show che personalmente consiglio, che seguirei per 5 stagioni senza alcun rimpianto, che trovo delizioso in alcune scelte, che regala ottimi personaggi ben caratterizzati ma non so, in tutta onestà, se consigliarlo a tutti, se "farvi perdere tempo" con 8 episodi in fondo abbastanza normali.

La serie AMC, infatti, non sconvolge come potrebbe aver fatto Swarm, non dissacra come lo stupendo Dead Ringers, non intrattiene come The Last of Us.

E' uno show come tanti altri ma che meglio di altri riesce ad andare al punto e a fare le cose per benino.

Il nostro eroe (o meglio antieroe) è un uomo comune che per tutta la vita ha cercato qualcosa che non aveva realizzato di avere.

Come spesso accade, infatti, l'essere umano si crogiola nei propri traumi costruendo l'immagine di se come quella di una vittima del destino, della sfortuna, delle scelte altrui.

Per Hank le scelte nefaste sono quelle di un padre che lo ha abbandonato, da adolescente, nel momento più cupo e tormentato della sua vita.

Per Hank quel trauma è stato insuperabile, portando con sè un mare di interrogativi. Perchè mi ha abbandonato? Cosa ho fatto per spingerlo a scappare? Cosa avrà fatto in tutto questo tempo?

Nella più classica delle situazioni che accompagnano un uomo troppo a lungo traumatizzato e senza risposte, finisce che quelle risposte inizi a costruirle tu stesso.

Ed è, esattamente, quello che ha fatto Hank idealizzando l'abbandono del padre.

Per il personaggio interpretato da Odenkirk, il padre fuggiasco aveva ambizioni troppo alte, una mente troppo brillante, una vita troppo piena e profonda per potersi permettere la distrazione di un figlio problematico.

Queste risposte, totalmente arbitrarie, hanno finito per rendere Hank un uomo arrendevole, silentemente rabbioso, cinico.

E' questo, infatti, il personaggio che conosciamo per quasi tutta la prima stagione.

Il percorso che Hank porta avanti trova compimento proprio quando quelle domande trovano una risposta dalla viva voce del padre.

Solo allora Hank realizza e con quella presa d'atto rinasce, abbandonando livori, preoccupazioni e un asciutto sarcasmo e riuscendo, proprio alla fine della stagione, a ritrovar se stesso.

Quella coscienza finalmente libera lo rende consapevole, a differenza di ciò che aveva contraddistinto il cammino del padre, di essere una persona completa, piena, viva grazie a quanto aveva costruito nella sfera professionale e soprattutto familiare.

E cosi, quell'uomo burbero riscopre tutto quello che ha ritornando ad essere la persona che, probabilmente, aveva reso felice sua moglie per lunghi anni e che da tempo aveva finito per allontanare da se affetti, amicizie e colleghi.

La beffa, che nella prima stagione non si palesa ma che riusciamo a scorgere, è che nel frattempo, mentre tu perdi tempo a metabolizzare ed accettare i tuo casini psicologici, la vita va avanti, gli altri vanno avanti.

Lo sa bene la moglie di Hank che, dopo tanti anni di piattume stava costruendo il suo di percorso, anche a costo di salutare Hank e dargli il ben servito.

Non è un caso se l'ultima inquadratura è proprio per il personaggio di Mireille Enos, in bilico fra l'entusiasmo per quel marito finalmente presente e ritrovato e la frustrazione di chi dovrà capire che pesci prendere ora che i propri piani vanno a farsi benedire.

Avevo esordito con una premessa e credo che il fatto stesso di aver poi parlato di traumi, scelte, disillusione, rinascita e consapevolezza possa rispondere, in parte, alle domande che io stesso mi ponevo inizialmente. Lucky Hank affronta temi importanti, con notevole leggerezza ma senza grande originalità risultando, nonostante quest'ultimo punto, una serie che, anche grazie al super-mega-atomico Bob Odenkirk, riesce a dire il suo in un 2023 affollatissimo di serie imperdibili.

Sceneggiatura: 7,5

Regia: 4

Cast: 8

Genere: Drama

Complessità: 6,5

Originalità: 4

Autorialità: 6,5

Intensità/coinvolgimento emotivo: 5

Profondità: 8

Contenuti Violenti/Sessuali: 1

Intrattenimento: 6,5

Opening: 9

Soundtrack: 4

Produzione: AMC

Anno di uscita: 2023

Stagione di riferimento: 1

Voto complessivo: 7--




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