Che tipo di fantascienza vi attizza?
Quella roboante, pirotecnica e iper ritoccata graficamente?
O quella mooolto mooolto intima e gentile?
Se avete risposto si all'ultima domanda ho un consiglio che credo proprio possa allietarvi la giornata.
Si tratta di Tales From The Loop, serie pompatissima prima del lancio su Amazon Prime Video nel 2020 ma che poi tanto pompata dopo l'uscita non lo è stata.
Segno di scarso successo ma non di delusione. Molto più probabilmente ci siamo trovati di fronte ad un prodotto che qualcuno sperava essere più commerciale e che invece si è rivelato essere molto di nicchia.
E' passato un pò in sordina, quasi a richiamare le atmosfere silenziose e pacate che lo hanno contraddistinto, ma non abbastanza per essere dimenticato
Una serie sci-fi atipica e sorprendente cosi come sorprendenti sono le sue fonti di ispirazione, opere illustrate di un'artista svedese e un gioco da tavolo.
Gli 8 episodi della serie ci portano in un luogo, the Loop, che sembra essere fuori dal tempo e dallo spazio ma al tempo stesso appartenere distintamente al nostro cosmo, al nostro universo, alla nostra terra.
Lande ghiacciate e piccoli boschi, persone comuni e altre bizzarre, strade di quartiere e bambini con zainetti in spalla. Nulla di ciò che vediamo nell'ordinario del Loop sembra essere diverso dal quotidiano di qualsiasi altra città.
Pian piano scopriremo che per qualche ignoto motivo in quella zona albergano misteri di difficile spiegazione e di fascinoso inganno.
Nathaniel Alpern, creatore della serie, ci porta in questo mondo meravigliosamente fuori dal comune senza strattonarci, senza tallonarci mentre siamo in fila al bancone ma invitandoci a degustare un calice di rosso mentre la sua creatura si anima, ci guarda e ci interroga.
Forse il modo migliore per parlare bene di Tales From The Loop è partire parlandone male, enunciando i suoi più grandi difetti, o forse il suo unico grande difetto.
Al termine della visione della serie si ha la sensazione che gli autori non sapessero dove andare a parare. Si ha una percezione di incompiuto, quasi come la certezza di uno sfilacciamento difficile da sopportare e supportare.
Ed in effetti, a ben vedere, gli episodi non sembrano avere molto a che fare gli uni con gli altri.
Un'orizzontalità finta lascia spazio ad una verticalità del racconto molto più marcata.
Ne vengono fuori degli episodi molto emozionanti ma poco connessi fra loro.
Se una critica si può, e si deve, fare alla serie è questa, ovvero quella di non aver saputo unire, amalgamare una serie di spaccati di quella realtà in un'armonia che sarebbe servita a rendere Tales From The Loop una perla sotto gli occhi di tutti.
A causa di questo, capitale, errore la serie sarà per sempre relegata al ruolo di chicca, di perla, di underdog piaciuto a pochi ma non a molti.
Non è necessariamente un difetto quello di essere amata da pochi anzichè dalle masse ma spiega come mai Tales From The Loop non si sia affermata come rivelazione per un pubblico mainstream.
Venendo alla serie essa si è tenuta debitamente a distanza dalle contorsioni spazio - temporali di Dark, o dall'attualizzazione del proprio messaggio come fatto da Watchmen o ancora dalle pieghe personalistiche e da game show tipiche di dispatches from elsewhere.
La scelta fatta dagli autori è stata quella di restituire allo spettatore l'immagine di un mondo futuristico e incredibile ma anche possibile, vicino, immaginabile.
La serie ha puntato tutto su quello che lo spettatore avrebbe potuto provare "sentendo" sulla sua pelle le storie narrate piuttosto che quello che avrebbe potuto "vedere" guardandole.
Una rinuncia al sensazionalismo alla The Umbrella Academy o alla Lovecraft Country per citare 2 serie comic-fantascientifiche che hanno puntato molto sull'estetica, sugli effetti speciali, sull'effetto "wow".
In Tales from The Loop vediamo robot senzienti, coscienze artificiali, arti robotici, ingranaggi capaci di immobilizzare il tempo, ma non abbiamo mai la sensazione di trovarci su Marte o a Gotham City.
Tutto ci sembra dannatamente vivido e reale o quantomeno realistico.
Questa capacità di farci respirare quelle atmosfere come nostre garantisce alla serie di ricevere un'attenzione emotiva molto alta.
Molto belli gli episodi "Stasis" e "Transpose", nei quali riusciamo a scorgere la leggerezza della scoperta, del nuovo, della libertà, dell'impossibile ma al tempo stesso il peso ingombrante che certe scelte portano sulla coscienza di chi quelle scelte è chiamato a prenderle, o non prenderle.
La tendenza degli ultimi anni, abbinata ad una crescente capacità di creare mondi, personaggi, paesaggi realistici grazie alla tecnologia sempre più avanzata e futuristica, è quella di confondere la fantascienza con film o telefilm che parlano poco di umanità, che profumano poco di fantascienza, ma che mettono in evidenza enormi scenari futuristici, androidi, robot, navicelle spaziali, guerre stellari, universi paralleli.
Una fantascienza molto muscolare e poco poetica, poco filosofica.
Per dirla con le parole di Joanna Russ:
La fantascienza scrive di ciò che non è né possibile né impossibile; il fatto è che, quando emerge la questione della possibilità nella fantascienza, l’autore può solo rispondere che nessuno lo sa. Non ci siamo ancora arrivati a quel punto. Sono cose che non abbiamo ancora scoperto. La fantascienza non è ancora capitata.
Negli ultimi anni è innegabile che si sia riusciti a regalare un intrattenimento fantascientifico di livello altissimo, perdendo di vista il nucleo fondante della fantascienza. Porsi domande scomode, affrontare dilemmi ancestrali, sottoporsi a incredibili quesiti morali magari utilizzando robot come personaggi e universi sconosciuti come sfondo.
Tales from the loop, cosi come Devs e Raised By Wolves, sembra volerci restituire quello che Black Mirror aveva prepotentemente riportato in piazza ovvero quel gusto solenne di prevedere quel che sarà, mettendendoci in guardia, scuotendoci, allarmandoci sulle conseguenze che il nostro rapporto con la tecnologia potrebbe avere.
Da questo punto di vista non vi è ragione per non amare Tales From The Loop, la sua raffinatezza, la sua perspicacia, il suo intimo legame con l'essere umano.
Non salterete sulla sedia per delle forti esplosioni, non avrete molto materiale per i vostri meme, non correrete dai vostri amici a raccontare di quanto sia stata pazzesca quella scena d'azione ma forse riuscirete a non scrollarvi più di dosso questa piccola gemma della fantascienza targata 2020, entrata sotto pelle e li rimasta per giorni, settimane, anni.
Pensa, quello che tu definisci come un difetto, per me è uno dei pregi della serie. Il fatto di non essere una storia per forza organica, ma anzi di essere ben distinta tra gli episodi, pur non rinunciando a un vago legame tra i personaggi, io l'ho trovato un punto di forza. Non ho amato molto le storie in quanto tali, invece. Tirate al succo mi son sembrate poco interessanti, quasi ci si accontentasse di un aspetto scenico stordente che lascia sempre sorpresi. Comunque mi è piaciuta.