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The Crown 4: bastano 5 episodi per apprezzarne la grandezza

Mi ero ripromesso di attendere la fine della visione della quarta stagione prima di parlarne.

Non ho resistito alla tentazione, e cosi, dopo metà stagione divorata, ho deciso di buttare giù qualche riga su quella che, a tutti gli effetti, potrebbe considerarsi la serie evento del 2020.

Sto parlando, ovviamente, di The Crown.

La serie tv di Peter Morgan ha esordito con la quarta stagione su Netflix nell'inconsueta vetrina domenicale, lo scorso 15 Novembre.

Si trattava di una stagione particolarmente attesa, visti gli ingressi nella storia di 2 personaggi particolarmente diversi fra loro ma di un'importanza capitale per il regno e per la Gran Bretagna tutta.

Margaret Thatcher e Lady Diana Spencer sono le 2 novità di questa quarta stagione.

Inutile dire quanto l'attesa degli spettatori, ed in generale del mondo, fosse rivolta alla principessa triste, una delle icone del '900 ed innegabilmente una delle donne più amate dal popolo che si possano ricordare a memoria d'uomo.

A metà stagione c'è una certeza più assoluta di alte (e non ne sono poche quelle che questa stagione sta trascinando positivamente con se):

Il casting per questi 2 ruoli è stato P E R F E T T O.

Partiamo dalla Thatcher per il cui ruolo è stata scelta un'altra icona, questa volta prettamente seriale, come Gillian Anderson.

Vederla destreggiarsi nei panni della Iron Lady ha dato, una volta di più, l'impressione che tutta la carriera della Anderson sia stata, di fatto, poco celebrata. Il suo carisma, la sua capacità di camuffarsi dietro i personaggi interpretati, la sua forte personalità hanno contribuito a rendere la sua interpretazione della lady di ferro materiale per la storia della televisione e non solo.

Quella che ha impressionato non è stata solo l'incredibile scelta di casting, e neppure l'incredibile capacità dei costumisti e dei make up artist di The Crown di trasformarla nella miglior cosplayer dell'ex primo ministro britannico, ma è soprattutto la capacità di Gillian Anderson di diventare lei, di diventare Margaret Thatcher, di catturarne l'essenza.

Microespressioni, ingobbimento, camminata, ferocia, il modo in cui è riuscita a trasferire sul suo corpo e sul suo volto tutta la determinazione, la caparbietà della lady di ferro, fanno dell'interpretazione della Anderson un'interpretazione che avremmo definito da Oscar in caso The Crown fosse stato un film. Avremmo detto che l'Oscar sarebbe stato già prenotato. Basti pensare che, per lo stesso ruolo nel film "The Iron Lady" del 2012, Meryl Streep vinse un oscar come miglior attrice. Sulla Streep vanno spese solo parole di encomio e la sua carriera parla per lei ma credo di non essere il solo a pensare che la Thatcher "Andersoniana"sia decisamente un gradino sopra a quella "Streepiana".

Come sempre, Peter Morgan non si accontenta di raccontarci la storia del singolo personaggio, la storia della corona, la storia della Gran Bretagna dello scorso secolo ma sfrutta storie, personaggi e contesto per approfondire nel complesso gli aspetti simbolici della corona, le tematiche più universali legate ad un popolo o ad un singolo individuo.

Quale sia il figlio prediletto di un genitore. Quanto un amore negato possa causare conseguenze non solo sull'amato e sull'amante ma su tutti quelli che saranno tangenzialmente sfiorati dall'amore di quegli amanti negati (Carlo e Camilla per intenderci), una donna al potere che voglia coniugare anche la famiglia (La Thatcher che stira le camicie al marito o prepara il pranzo al gabinetto di guerra sono scene emblematiche), il dolore di un figlio alla morte di un padre putativo (che bello il confronto fra Carlo e Filippo nel primo episodio), il contrasto fra chi ce l'ha fatta ad essere in quella stanza grazie al proprio duro lavoro e alla propria determinazione e chi è li solo per il proprio lignaggio (l'approdo dei coniugi Thatcher all'ora del tè a Balmoral è una pietra preziosa della serialità).

Ho provato a passare in rassegna solo alcuni dei momenti principali dei primi 5 episodi, sia per tributare loro il giusto omaggio, sia perchè forieri di una complessità e grandezza del racconto che, nonostante la sua importanza, non riesce ad oscurare e sovrastare la vera protagonista di questo avvio di stagione e vera protagonista degli eventi reali avvenuti sul finire del secolo scorso.

La comparsa di Lady Diana Spencer è stata un fulmine a ciel sereno per tutta la famiglia reale, o almeno questo è quello che noi plebei abbiamo sempre percepito dai racconti avvenuti sui giornali e sulle tv di tutto il mondo.

La principessa del Galles ci è sempre stata presentata come un elemento di disturbo, di rottura con le tradizioni della Royal Family.

I primi episodi della quarta stagione di The Crown ci restituiscono, al contrario, una ragazza apprezzata e ben voluta da tutti e che si è trovata ad essere la "prescelta" più per un plebiscito all'interno delle mura reali che per un capriccio del suo futuro marito Carlo.

E qui vengono al pettine gli errori atavici della famiglia reale, quelli a cui fa riferimento la sempre attenta Margaret, una famiglia reale che mai ha accettato di prediligere l'aspetto umano a quello della tradizione, dell'apparenza, del soddisfacimento delle proprie regole interne. Scelte che hanno finito per corrodere dall'interno la corda dei principi e delle regole reali. Tradimenti, amori infelici, sabotaggi, allontanamenti hanno generato "figli perduti ognuno nel proprio deserto personale" come ammetterà magnificamente sua maestà la Regina nel bellissimo episodio 4.

Le imposizioni, il far finta di non vedere, il voler fare la cosa giusta per la corona hanno impedito a Carlo di vivere il proprio amore con Camilla e hanno creato il mito della principessa triste.

Emma Corrin ha fatto un lavoro eccezionale nel restituirci una Lady D. autentica, giovane, sognante e poi spezzata dai tradimenti, dai silenzi, dalla consapevolezza di essere finita in un incubo fatato, fatto di pietre preziose, carrozze da sogno, matrimoni da favola.

E non è un caso se quello che è forse l'episodio più bello dell'intera serie sia stato intitolato "The Fairytale", la favola.

E' un episodio struggente che vede come protagonista unica proprio la giovane Diana Spencer, piombata a palazzo per 6 settimane per impaare ad essere la futura principessa del Galles.

Quello che nasce come un sogno ad occhi aperti finisce per diventare il peggiore degli incubi per una ragazza spensierata, dolce, intelligente e piena di vita come Diana.

La giovane sarà il manifesto vivente dell'espressione gergale "vivere in una gabbia dorata".

Diana vive, o meglio inizia a morire, in un castello enorme, tra paggi e paggetti, fiori e lettere da tutto il mondo, dolci di ogni tipologia, diamanti e zaffiri ma lo fa nella solitudine più totale, nell'impossibilità di essere amata o addirittura ascoltata.

L'incontro con Camilla è una delle singole scene più struggenti della tv contemporanea.

Lo è di per sè, lo sarebbe stato in qualsiasi opera di finzione.

Lo è ancor di più in una situazione nota ed un futuro certo che noi spettatori già conosciamo.

Assistere all'inizio della tragedia personale di Diana fa male.

Fa male immaginare che ella stessa abbia provato ad uscirne ma che sia stata risucchiata dagli egoismi di corte, dalla convinzione di Carlo di mettere da parte Camilla alla convinzione di Filippo che il tempo permetterà ad entrambi di creare la propria storia d'amore, fino all'augurio, la sentenza finale della Regina speranzosa e soprattutto vogliosa che il suo primogenito possa riuscire a ripercorrere i passi di un suo avo che, in una simile condizione, riuscì a regnare per 42 anni nonostante un amore non corrisposto verso suo marito.

L'intero episodio è un crescendo tragico verso quello che fatalmente si concludere nel tunnel dell'Alma a Parigi qualche anno dopo con la morte della principessa.

Diana ci viene descritta come una ragazza amata dentro e fuori dalla corte, amata follemente, capace di superare il test dei reali a pieni voti e capace di divenire l'eroina di gran parte dei sudditi nel giro di pochi istanti.

Sapere che quella stessa ragazza, amata ed idolatrata, sia finita per divenire il simbolo dell'irriverenza verso i reali, della rottura definitiva fra popolo e corona, sia stata spesso utilizzata come modello negativo di condotta, sia stata spessissimo contrapposta alla regina e alla famiglia reale, mette i brividi.

The Crown, ancora una volta, riesce a non semplificare e a non percorrere strade facili.

Basti pensare a come il matrimonio reale, il matrimonio del secolo, inteso come evento, venga praticamente ignorato, lasciando spazio al percorso di avvicinamento ad esso, fatto, come detto prima, di silenzio, abbandono, tristezza, disordini alimentari, rivelazioni, tradimenti.

Diana è una ragazza spezzata, che ha visto spezzarsi non solo il sogno della favola d'amore che ogni ragazza, nobile o non, potrebbe avere in serbo nel suo cuore, ma ha visto annullarsi, in un colpo solo, la speranza, la certezza, la realtà di una vita e di un amore magari più semplice e meno "reale" (inteso come nobiliare) che avrebbe potuto vivere con qualsiasi altro uomo al mondo.

Peter Morgan modella impeccabilmente la figura della principessa triste, senza banalità, senza fronzoli, senza semplificazioni.

Ai lati, in mezzo, prima e dopo tutto questo ci sarebbero mille altre sfumature, mille altre cose raccontate con altrettanta dovizia, altrettanto acume, altrettanta voglia di essere in grado di offrire un punto di vista autentico e critico sulle vicende narrate. Ci sarebbe da parlare del primo "primo ministro" donna della storia britannica, della guerra nelle isole Falkland, dell'incontro fra le 2 donne al potere, della caccia all'alce e di Mike Fagan, tanto per citarne alcuni.

Per un'analisi parziale di metà stagione credo che, però, ci si possa fermare qui, anche perchè The Crown, più di ogni altra, è una serie tv che va vista per poterla "leggere", che va apprezzata in ogni dettaglio più che sviscerata in una recensione.

Su Twitter ho azzardato che The Crown 4 potrebbe essere il capolavoro seriale dell'anno 2020.

Qui voglio confermarlo, aspettando la seconda parte per un giudizio ancora più completo ma che dubito possa discostarsi da quanto emerso in questa prima meravigliosa parte di stagione.



Voto Prima Parte: 9,5

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