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The Good Fight: quando lo spinoff è migliore della serie madre

L'esordio seriale di questo sito è avvenuto quasi un anno fa.

La prima serie consigliata è stata uno spinoff come Better Call Saul.

Una scelta mirata, fatta per connettervi immediatamente all'epoca che stiamo vivendo e che questo sito si propone di raccontare al meglio.

Un prodotto che attraversa gli ultimi 15 anni di serialità e che ben si presta nel farvi capire potenzialità ed evoluzioni del medium televisivo, inclusa la rivoluzione relativa al concenzione di uno spinoff.

Per spinoff intendiamo un prodotto originale ma ancorato ad un'altra opera, cosiddetta "serie madre", in ambito televisivo. Lo spinoff dovrebbe ereditare ambientazioni, toni, stile ed alcuni personaggi dalla serie madre.

Better Call Saul è stato rivoluzionario perchè non si è limitato a prendere un personaggio molto noto nella serie madre, catapultandolo in una serie quasi identica ma con un nuovo nome e vivere di rendita sulla scia del successo di Breaking Bad.

Better Call Saul ha dato enorme dignità al termine spinoff poichè ha saputo costruire una serie originale e capace di camminare sulle proprie gambe ma che rispettasse ed esaltasse ambientazioni, personaggi, storie, stile, linguaggio della serie madre.

Una rivoluzione che è stata accompagnata da un altro prodotto, di tutt'altro genere e di altro tono ma che con Better Call Saul condivide il fatto di essere uno spinoff e di esserlo secondo quanto prima descritto, oltre al fatto di avere avvocati come protagonisti, sebbene di ben altra statura rispetto al nostro avvocato di Albuquerque.

Il risultato?

Un prodotto addirittura migliore della serie da cui nasce e che oggi rappresenta il meglio che la tv possa offrire.


The Good Fight

Nel 2017 la CBS lanciò la sua piattaforma streaming (CBS All Access) in modo da regalare e regalarsi prodotti più liberi a livello creativo e dedicati ad un pubblico più variegato rispetto a quello generalista, solitamente molto piatto.

La prima serie tv che vide la luce su CBS All Access fu lo spinoff dell'acclamata serie tv con protagonista Julianna Marguilles, The Good Wife.

Lo spinoff si sarebbe chiamato "The Good Fight" e avrebbe avuto al timone Robert e Michelle King, gli stessi autori della serie madre.

Un punto di grande continuità che lasciava ben sperare ma che lasciava presagire che forse si sarebbe trattato del solito spinoff, del classico copia e incolla della serie da cui nasceva.

Sono bastati pochissimi episodi per capire che The Good Fight condivideva tutto con The Good Wife ma che aveva una grinta ed una capacità di leggere e anticipare i tempi dell'attualità politica e sociale che la serie madre non aveva avuto, almeno non costantemente.

E non è un caso che la protagonista assoluta, in una serie comunque corale e con tanti altri personaggi eccellentemente sviluppati, fosse una vecchia conoscenza come Diane Lockhart, interpretata dalla sublime ed elgante Christine Baranski.

Una scelta perfetta perchè mette al centro una donna forte e di successo, democratica ma sposata con un repubblicano, di grandissimi principi ma altrettanti privilegi che alle soglie della pensione è costretta dagli eventi a continuare la sua amata professione di avvocato, reinventandosi come se avesse 30 anni di meno.

La situazione la porterà a collaborare in uno studio di Chicago molto apprezzato ed in grande ascesa, noto per essere uno studio di avvocati afroamericani con una grande storia di battaglie sui diritti civili e di forte impegno sociale.

Una Diane senza più molto da perdere riuscirà a riaccendere quel vecchio fuoco alimentato da idealismi e saldi principi.

Nel suo cammino reincontrerà vecchie conoscenze come Marissa (Sarah Steele) e Lucca Quinn (Cush Jumbo), volti femminili che contribuiranno a creare un clima di grande familiarità verso i vecchi fan di The Good Wife. Ad essi si affiancheranno personaggi di grande carisma come Adrian Boseman (Delroy Lindo), Liz Reddick (Audra MacDonald) ed altri nuovi e vecchi amici dello show come Maia Rindell (Rose Leslie), Jay Dipersia (Nyambi Nyambi), Colin Morello (Justin Bartha ) e Julius Cain (Michael Boatman). Non mancheranno guest star più o meno ricorrenti come Michael Sheen ed Hugh Dancy, ad arricchire un cast già di per se formidabile.

Per dare un'idea di quanto "The Good Fight" sia stata e sia ancora una serie attentissima ai scenari socio-politici americani e globali, basti pensare che i primi episodi, datati 2017 trattano ampiamenti di casi di "police brutality". Nell'anno del caso George Floyd e delle rivolte del movimento "Black Lives Matter" è incredibile tornare indietro a 3 anni fa e scoprire che, seppure in un'opera di finzione, la crociata dello studio Reddick-Boseman fosse proprio la stessa che BLM sta portando avanti negli ultimi mesi.

La dichiarazione di intenti, a ben vedere, era stata netta già in fase di casting e di scelta di quale fosse il nucleo centrale della serie. Individuare 3 donne come protagoniste principali, Diane, Maia e Lucca, e incasellarle all'interno di uno studio afroamericano con le impronte digitali ben impresse su casi di "police brutality", disuguaglianze, diritto al voto, lotta alla discriminazione razziale, è stato un manifesto chiarissimo di dove ci avrebbero portati i coniugi King.

Ma non vi avrei raccontato bene cosa aspettarvi da The Good Fight se non vi avessi parlato di un altro assoluto protagonista della serie, una presenza ingombrante e costante, specie per Diane.


Donald J.Trump


Trump rappresenta una sorta di ossessione per Diane, al punto che la donna inizierà a confondere realtà e fantasia, news con fake news in una matrioska di pensieri finti e meno finti che a livello meno inconscio e più attuale rappresentano la difficoltà di noi liberi cittadini di discernere notizie false da notizie autentiche.

E' un gioco efficace che come un cancro inizia a contagiare tutte le cellule intorno a Diane, al punto da mettere in discussione la realtà dei loro stessi casi, dei loro stessi clienti, e addirittura di se stessi.

Le quattro stagioni sin qui andate in onda partono proprio da quello sventurato giorno delle elezioni statunitensi, quelle dove l'America si trovò a passare dal sogno della prima donna Presidente a quella di un imprenditore spesse volte fallito, amico degli Epstein e dei Cohn di questo mondo, misogino, razzista e incompetente sotto ogni punto di vista come la storia ha dimostrato.

Diane, Liz, Adrian combattono la battaglia per tutti noi, scagliandosi spesso contro mulini a vento, rischiando la loro incolumità e sanità mentale, ma mettendosi in prima linea di fronte al fuoco che dovrebbe essere amico e che invece in 4 anni ha manipolato la verità e la realtà che viviamo confondendola con ogni sorta di perverso incantesimo.

Ci sarà spazio e tempo per tutti in questo stupendo legal drama. Comunità LGBTQ, movimento #metoo, sessismo, femminismo, freedom of speech, colossi dell'hi tech, corruzione, eugenetica, politica, economia, finanza, discriminazione.

Un enorme varietà di temi, trattati sempre con forza e vigore ma con altrettanta oggettività e imparzialità.

Senza esclusione di colpi.



 

Sviluppo Personaggi: 9

Complessità: 9++

Originalità: 8

Autorialità: 9++

Cast: 9

Intensità: 9,5

Trama: 7

Coerenza: 7

Profondità: 9,5

Impatto sulla serialità contemporanea: 8,5

Componente Drama: 9

Componente Comedy: 6

Contenuti Violenti: 2

Contenuti Sessuali: 1

Comparto tecnico: 6,5

Regia: 6

Intrattenimento: 7,5

Coinvolgimento emotivo: 9

Soundtrack: 7

Produzione: CBS All Acces

Anno di uscita: 2021


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