Una delle sfide più ardue per chi, come me, ha la pretesa di trasmettere sensazioni ed esprimere opinioni che siano il quanto più "oggettive", fermo restando che la componente soggettiva è e resterà fondamentale per comunicare con passione e senza distacco quella che per me è una piacevole ossessione per le serie tv, è la sfida che vede il "recensore" nei panni di una sorta di convincitore del lettore rispetto al perchè dei titoli possano essere degni di una visione, nonostante il grande pubblico li ignori (vedi Calls) o li osteggi (vedi Anna), e altri, magari più celebrati (vedi Zero o Behind Her Eyes), siano delle totali perdite di tempo.
The Handmaid's Tale, per fortuna, si ferma a metà, e questo è un gran sollievo per chi scrive, essendo essa una serie molto cruda e difficile ma che, stranamente, piace anche a chi vuole fermarsi sulla superficie delle cose, senza scavare.
E allora l'obiettivo, qui, diventa più atomico, divenendo quello di cercare di discriminare quali episodi, momenti, scene della stagione possano avere un significato simbolicamente più potente.
Dopo avervi parlato della terza stagione (in questo post) e dei primi 3 episodi della quarta (in questo post) ho deciso, contro ogni mia programmazione, di spendere qualche minuto per parlarvi brevissimamente della quarta puntata, dal titolo Milk, che mi è sembrata meno celebrata ma che, a mio avviso, nasconde dei passaggi molto molto importanti.
Janine e June sono salve.
Salvezza per loro vuol dire ritornare ad essere delle fuggitive senza meta.
Riusciranno a scappare, a mettersi in salvo.
Prima, però, vivranno uno scontro tanto forte quanto durissimo.
Janine storcerà dalla bocca di June la confessione riguardo il suo tradimento.
Elisabeth Moss, come sempre monumentale, ci trasmette tutto il tormento e l'odio verso sè stessa che l'ancella prova in quel momento. Ha tradito le sue anime gemelle, persone con le quali aveva un legame che va oltre ogni qualsiasi di sentimento conosciuto. Non solo fra loro c'era pietà e amore purissimo ma anche la condivisione di un orrore individuale, divenuto poi orrore collettivo per loro. Quel tradimento sa di morte definitiva per l'anima di June che, al tempo stesso, sa di aver salvato sua figlia condannando a morte le sue sorelle.
Una scelta atroce ma necessaria?
June se lo chiederà ogni istante della sua vita probabilmente, vivendo nel tormento più grande e col senso di colpa più forte che possa esistere.
La reazione feroce con la quale liquida Janine è la classica reazione di negazione di un lutto enorme, oltre che della consapevolezza di aver fatto qualcosa di imperdonabile e incoffessabile.
Il finale dell'episodio è estremamente disturbante.
Gilead è il male assoluto ma il trattamento riservato alle 2 ragazze nella terra abbandonata fuori dal "regno" di Gilead, ci mostra come il problema, molto spesso, sia l'essere umano e il male, quello oscuro, alberga indissolubilmente dentro di noi. Le dittatura sono solo l'espressione finale di tale malignità.
E cosi, 2 donne che hanno subito ogni affronto possibile, private di ogni umanità, relegate al ruolo di schiave assolute, annichilite dagli uomini e le donne di Gilead, si accorgono che quel fondo che credevano di aver toccato può essere ancora più profondo.
E cosi June nega una prestazione sessuale, si nega un atto di prostituzione, scegliendo, da donna libera, di rischiare la morte e la cattura piuttosto che essere ancora una volta vittima dei capricci e della disumanità dell'ennesimo uomo, pur sotto le mentite spoglie di un ribelle, di un sopravvissuto, di un combattente.
E' un messaggio potentissimo che vale la pena cogliere in tutta la sua deflagrante energia.
I flashback su Janine restituiscono un pezzetto, magari non fondamentale, importante dello spaccato esistenziale della ragazza con l'occhio bendato e soprattutto ci mostrano come, anche nei tempi "normali" prima di Gilead, ci fossero movimenti, che chiameremmo "pro vita", pronti a distorcere i messaggi più elementari ed indirizzare le scelte di giovani donne nel loro momento di massima vulnerabilità. E' un monito che si ribalta anche su di noi, in un mondo, quello nostro, nel quale assistiamo sempre più a manifestazioni di intolleranza verso chi si discosta da scelte comode, naturali e normali rispetto al conformismo religioso e istituzionale pre-costituito.
E finiamo con gli spezzoni dedicati a Rita, anch'essi lancinanti e potentissimi.
Ha, personalmente, disturbato molto vederla succube e quasi complice della maternità di Serena. E' stato un disturbo "positivo", di quelli che scuotono la coscienza.
Rita ha vissuto talmente tanti anni in regime di non libertà e schiavitù, da sviluppare una sorta di Sindrome di Stoccolma verso il suo carceriere.
Sarà l'arrivo delle carte processuali, nelle quali le verrà chiesto di scagliarsi contro il comandante e a favore di Serena, a farle capire che, anche stavolta, anche ora che è diventata una donna libera, qualcuno ha cercato di controllarla e manipolarla, e quel qualcuno è Serena.
E allora assisteremo al riscatto della donna e al suo definitivo risveglio.
Milk è un episodio intensissimo e anche di svolta.
June e Rita passano definitivamente all'attacco, mostrando di poter compiere, finalmente, scelte da donne libere e di essersi messe alle spalle quantomeno le chiavi di una gabbia mentale fatta di soprusi e scelte fatte per non infilarsi negli scenari peggiori.
I tamburi stan battendo. La riscossa è vicina?
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