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Westworld 3: quando l'aspettativa diventa un macigno

Quando nel 2016 andava in onda il pilot di Westworld, eravamo tutti abbastanza concentrati sull'epilogo di Game Of Thrones. A 2 stagioni dal termine dell'epico fantasy di HBO, la serie di Benioff & Weiss era ancora considerata da tutti come la, potenzialmente, più bella e completa della storia.

Sappiamo tutti come è andata a finire, con una settima stagione altalenante, un'ottava annata disastrosa ed un finale scialbo e lontanissimo dalle attese, come testimoniano critiche, pagelle e opinioni più o meno unilateralmente negative (qui trovate qualche mia modestissima considerazione in merito).

La HBO, giocando d'anticipo, aveva individuato in Westworld l'ipotetico erede della serie tratta dai libri di George Martin.

Nell'immaginario collettivo, Westworld (WW per brevità e assonanza col logo della serie) avrebbe dovuto garantire alla HBO una continuità di gradimento e di "accanimento" globale simile a quella di Game of Thrones.

Per assicurare che questo potesse avvenire si era provato a giocare al rialzo, sin dall'inizio.

Cast stellare, investimenti da blockbuster hollywoodiano, 2 sceneggiatori senza nulla da dimostrare.

Anthony Hopkins, Evan Rachel Wood, Ed Harris, Thandie Newton erano solo la punta di diamante di un parco attoriale fenomenale e ben mixato.

Le cifre da capogiro messe sul piatto per la produzione di ogni singolo episodio hanno reso Westworld la serie più futuristica di sempre, quella sicuramente più vicina agli standard cinematografici.

Jonhatan Nolan, fratello di Christopher e artefice di quel gioiello di Person of Interest nonchè autore di gran parte dei film del regista di Inception, e sua moglie Lisa Joy erano chiamati ad unire effetti visivi e recitazione, storia e sviluppo dei personaggi.

La prima stagione aveva confermato le attese, addirittura superandole per alcuni.

Westworld era davvero destinata ad essere il nuovo fenomeno seriale.

A stagione 3 conclusa, a che punto siamo?

Westworld è diventata la serie sulla bocca di tutti, specie adesso che siamo orfani di Game of Thrones, delle teorie più o meno fantasiose su Lannister e Snow, Azor Ahai e Khaleesi?

La domanda ha una risposta molto netta, e purtroppo non è quella che avremmo dato dopo la visione della prima, fantastica, stagione.

Se la prima stagione era stata una delle singole stagioni più belle mai viste sullo schermo, la seconda aveva arrancato nella prima parte, esplodendo nella seconda.

La terza era chiamata a sciogliere il nodo, per usare un termine caro agli appassionati della tedesca Dark.

La vera Westworld è quella della prima stagione o quella della prima parte della seconda?

Purtroppo, almeno sotto un profilo di "digeribilità" e fruibilità, la serie non ha saputo ritornare ai fasti della stagione 1, scivolando verso un'incertezza che potrebbe portarla ad un rapido declino, sempre che di declino si possa parlare per una serie che resta comunque una delle più belle dell'anno e degli ultimi 5 anni in generale.

Tra quelli che "non riesco più a seguirla", altri che "mi son perso dopo 30 minuti", e ancora alcuni che "è diventata troppo lenta", sono tanti quelli che hanno deciso di abbandonare la visione della terza stagione in netto anticipo rispetto alla fine della stessa.

Per una serie che aveva già perso parte del pubblico nella scorsa annata, questo è stato, obiettivamente, un colpo letale.

Le ragioni dell'insuccesso e della sempre più scarsa fidelizzazione sono racchiudibili nella parola complessità. L'eccesso di ambizione ha finito per allontanare il pubblico, piuttosto che avvicinarlo.

Ciò che avrebbe dovuto essere avvincente si è rivelato spiazzante.

Ciò che avrebbe dovuto essere scioccante si è rivelato cervellotico.

Ciò che avrebbe dovuto rappresentare una svolta si è rivelato un contorto andirivieni tra le pieghe delle varie trame e sottotrame.

Questa intricatissima rete di storyline ha finito per far impazzire lo spettatore, preda di una corsa affannosa in un labirinto senza uscita.

E cosi il labirinto, emblema stesso di WW, è diventata una gabbia.

L'ingresso di Aaron Paul (Jesse Pinkman di Breaking Bad) e di Vincent Cassel, hanno costituito un inatteso boomerang. I loro nomi non avevano fatto altro che alimentare le speranze che questa terza stagione potesse diventare in atarassica scioltezza la migliore di sempre, sbaragliando la concorrenza.

Se oggi scorriamo la top 10 dell'anno nelle riviste e blog specializzati, troveremo titoli come Devs e Normal People, Better Call Saul e Tales From the Loop, ma non troveremo Westworld, nonostante il cast, nonostante il budget, nonostante Nolan e Joy.



Ma quindi Westworld è diventata una brutta serie?


E' un tranello nel quale si rischia di cadere facilmente.


Westworld non è diventata brutta, non lo è mai stata. E' solo diventata più difficile da seguire.


In un'epoca dove evitiamo di leggere articoli di giornale lunghi più di 1000 parole, dove preferiamo il tweet ad un libro, dove la tendenza è semplificare tutto, anche quello che di più elaborato potrebbe presentarsi, una serie come WW parte in svantaggio.

Dovremmo calarci nelle vesti dell'uomo di fede, diventare dei John Locke di lostiana memoria per poter apprezzare appieno Westworld. Di questi tempi è uno sforzo che in pochi riescono a concedere.

L'atto di fede, il patto che dovremmo stringere con la serie è semplice. Dovremmo guardarla con pazienza e attenzione, dovremmo provare a viverla, analizzarla e metabolizzarla.

Capite bene che nell'epoca della peak tv questo è un effort veramente gigantesco per lo spettatore medio.

Perchè guardare una serie che non offre spiegoni, non è lineare, non è didascalica, quando nel catalogo di qualsiasi piattaforma streaming posso trovare serie leggere e poco sofisticate, capaci di intrattenerci e rubarci un pò di tempo libero senza chiedere nulla in cambio?

Purtroppo, oggi, nonostante qualche eccezione, la tendenza è quella di guardare una serie per rilassarsi un pò, magari mentre si prepara la cena o si risponde a qualche mail, mentre si prenota un hotel su booking o si stira la camicia da indossare al lavoro il giorno dopo.

Westworld ha bisogno di concentrazione durante la visione e di elaborazione successiva ad essa.

Andrebbe accompagnata dalla lettura di un certo numero di recensioni, andrebbe incasellata all'interno dei grandi temi che vorrebbe raccontare. Tutto molto complicato e proprio per questo molto soddisfacente, molto appagante.

Il problema della terza stagione di Westworld è soprattutto questo, non essere scesa a patti con lo spettatore medio, incapace di scendere a patti con essa.

Per quei pochi, sempre più pochi, che hanno capito di che pasta è fatta Westworld, il risultato è stato ben diverso, il voto è stato molto più alto.

Dal punto di vista dello spettatore più consapevole, più esigente, più navigato, gli eventuali problemi di Westworld sono altri rispetto alla complessità di fondo.

I temi filosofici sottendenti la serie di Nolan e Joy sono una manna dal cielo per coloro i quali cercano molto di più che il semplice intrattenimento. Il libero arbitrio, la condizione umana, cosa significa essere umani, la difficoltà del cambiamento, l'anarchia, la rivoluzione, la discriminazione, la parità di genere elevata alla sua massima potenza in uno scontro fra umani e androidi, son tutti temi che vengono affrontati con enorme rispetto e profondità.

Semmai, Westworld è riuscita a scivolare su altre bucce di banana.

La terza stagione di WW, come detto in precedenza, si caricava di un'aspettativa ancor più grande che in passato, grazie all'introduzione di 2 misteriosi personaggi interpretati da Aaron Paul e Vincent Cassel.

E' opinione diffusissima che entrambi siano stati sfruttati male.

Se Serac (Vincent Cassel) è sembrato un personaggio magnetico e carismatico nei primi episodi, egli è finito per diventare un mero personaggio di contorno sul finale, risultando anche un pò troppo in balia di eventi che aveva dato prova di saper e poter controllare.

Per Caleb (Aaron Paul) il discorso è esattamente opposto. Personaggio quasi inutile e JonSnowizzato per la prima parte della stagione, ha trovato un senso molto più ampio sul finale, risultando però troppo piatto e monodimensionale per poter essere davvero un personaggio cosi determinante come il finale ci suggerisce.

Sono stati 2 personaggi sviluppati, oggettivamente, male vanificando un casting molto oculato e ambizioso.

Aldilà di questo evidente buco nell'acqua c'è stato un altro grosso problema per la serie in questa terza stagione.

L'utilizzo di mastodontici effetti visivi è finito per essere invadente. In molti casi è sembrato che allo sviluppo dei personaggi si prediligesse la messa in scena di momenti action, perfetti nello stile, molto fini a se stessi. E' come se WW avesse pensato di abbattere le barriere con lo spettatore, in cerca di entertainment, offrendogli una serie visivamente ineccepibile e accattivante. Questo gioco avrebbe potuto avere un senso se si fosse riuscito a mantenere un equilibrio tra profondità del racconto e componente action. E' emerso, invece, un certo squilibrio a favore dello sfoggiamento di bellissime scene visivamente impeccabili a svantaggio dello sviluppo di personaggi come quello di William (Ed Harris) molto bistrattati in questa terza stagione.

A beneficiarne sono state soprattuto le donne dello show, assolute protagoniste della trama orizzontale e depositarie di un altissimo minutaggio. Se Dolores (Evan Rachel Wood) è stata la figura centrale con assoluta logicità viste le precedenti stagioni, ha sorpreso il ruolo decisivo di Charlotte (Tessa Thompson) spesso più centrale delle altre colleghe di set. Maeve, dopo un avvio in sordina è tornata sulla cresta dell'onda, emergendo come personaggio più sfaccettato e tormentato, capace di essere il vero bilancino della terza stagione.

In definitiva, Westworld non ha saputo ritornare alla gloria dei tempi in cui Sir Anthony Hopkins ammaliava tutti con il suo carisma, ma ha offerto comunque uno spettacolo soddisfacente e appagante. Il budget elevato, il cast e le attese hanno, certamente, ridimensionato l'impatto della serie di Nolan e Joy. La lunghezza degli episodi ed il non perfetto sfruttamento del capitale umano a disposizione hanno creato crepe con il pubblico difficili da sanare ma non irrecuperabili.

Di certo, Westworld, si è confermata una serie non per tutti, destinata a restare nella storia della tv ma non destinata a diventare il fenomeno pop degli ultimi anni.

La quarta stagione, forse, chiarirà la domanda che spesso i personaggi hanno posto a se stessi in questa annata, ribaltandola su stessa:


Who am I?


Riuscire a rispondere a tale dilemma sarebbe di per sè un successo senza eguali.



 

Sviluppo Personaggi: 7,5

Complessità: 10

Originalità: 10

Autorialità: 10

Cast: 9

Intensità: 6,5

Trama: 7

Coerenza: 7

Profondità: 10

Impatto sulla serialità contemporanea: 9

Componente Drama: 9

Componente Comedy: 2

Contenuti Violenti: 6

Contenuti Sessuali: 6

Comparto tecnico: 10

Regia: 8

Intrattenimento: 6

Coinvolgimento emotivo: 4

Soundtrack: 7

Produzione: HBO

Anno di uscita: 2016

Stagione di riferimento: 3

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