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The Big Door Prize si è rivelata una serie paracula, non profonda

Mi capita raramente di prendere un abbaglio in fase di first impressions se per abbaglio intendiamo il totale errore di giudizio su una serie tv che magari si era bocciata totalmente dopo i primi episodi e che poi si è rivelata un enorme successo di critica (del successo di pubblico mi interessa pochissimo) o viceversa.

Quello che spesso mi capita, invece, ed accade soprattutto nel giudizio fra una stagione e l'altra di nuovi show, è di entusiasmarmi molto per i primi episodi o la prima stagione di una serie per poi ritrovarmi, al termine della prima annata o durante la seconda stagione a sentenziare che in fondo quella serie non era cosi imperdibile come i primi episodi avevano lasciato intendere.

The Mosquito Coast è forse l'esempio più emblematico visto che, inizialmente, mi aveva fatto quasi credere ad un nuovo miracolo breakingbadiano per poi annoiarmi totalmente con una seconda stagione imbarazzante (qui la recensione).

The Big Door Prize, anch'essa a catalogo su Apple TV Plus, appartiene a questa speciale categoria ed io, forte della brutta esperienza precedente, sono quasi tentato di non farmi trovare davanti allo schermo al ritorno della seconda stagione.

Ma andiamo per gradi e mentre lo facciamo esploriamo insieme la più bella classifica della storia della televisione (la trovate qui).

Se siete tra gli assidui lettori di questo blog non vi sarà sfuggito che, in occasione delle first impressions su The Big Door Prize mi era lasciato andare ad un enorme entusiasmo.

L'episodio iniziale, infatti, oltre a restituirmi una serie frizzante e fresca mi aveva consegnato uno show capace di proiettarmi verso dilemmi morali tanto universali e vecchi come il mondo quanto attualissimi.

Il nostro rapporto con le macchine e con l'intelligenza artificiale, infatti, altro non è che uno specchio nel quale guardarci per vedere riflessa non solo l'immagine di chi siamo ma quella di chi vorremmo essere. E come reagiremmo di fronte ad una misteriosa cabina, la cosiddetta Morpho, che attraverso un semplicissimo biglietto di carta, ci dicesse quale è il nostro grande talento? Cosa faremmo? Seguiremmo le sue indicazioni? Lasceremmo tutto per rincorrere quell'ignoto obiettivo? Crederemmo a quella promessa? Ci sentiremmo pungolati? Non ce ne fregherebbe nulla? Quella parola su quel cartoncino rispecchierebbe davvero chi siamo o sarebbe solo l'immagine dei nostri sogni, rimpianti, fallimenti e speranze? O è solo tutto un grande gioco?

Ecco, mi fermo a quest'ultima domanda poichè, fino a che la serie si è tenuta su dilemmi etico-morali, cadenzati da buone gag e personaggi leggeri, la cosa stava funzionando ed anche parecchio. Non molto tardi, però, ho avuto come la sensazione che quello messo in scena dagli autori fosse un grandissimo circo, un enorme gioco all'interno del quale, come in un labirinto, eravamo finiti.

Dico questo perchè, dal quarto/quinto episodio in poi ho iniziato ad annoiarmi pesantemente poichè gli schemi sembrano ripetersi ad oltranza, la serie assumeva una struttura troppo verticale dove al "caso di puntata" del CSI di turno veniva sostituito il "cartoncino di puntata". Un lungo districarsi all'interno delle vite dei singoli personaggi e delle loro reazioni di fronte all'output della Morpho. Ho atteso e pazientemente sopportato tutti questi casi di puntata poichè ero spinto dalla curiosità di capire come sarebbe andata a finire e chi manovrasse la misteriosissima macchina.

Ritrovarmi, a fine stagione, con un nulla di fatto, zero risposte alle varie domande sollevate, ed un rimando ad un sostanziale secondo livello del gioco, riassunto benissimo del cliffangher finale "Are You Ready for the Next Step?" mi ha fatto girare leggermente i gabbasisi.

Sono un sostenitore di Lost e lo sarò fino alla morte e a quelli che ancora oggi mi dicono che "Lost fa cagare perchè non mi hanno detto cosa facesse l'orso bianco" rispondo "fatevi curare" per cui non faccio parte della schiera di quelli a cui piacciono le cose didascaliche, spiegate per filo e per segno e con risposte sempre e comunque a tutte le domande. No. Appartengo all'altro team, quello che ama l'indefinito, l'ignoto, l'aperto, l'interpretabile, l'imperscrutabile. Nonostante questo ho trovato The Big Door Prize una serie non volta all'indefinito, l'ignoto, l'aperto, l'interpretabile e l'imperscrutabile ma una serie abbastanza paracula.

Arrivati al dunque, infatti, mi pare che si sia palesata una certa inconsistenza nel portare avanti i vari filoni e nello scavare nel profondo dei vari personaggi.

Proprio ieri ho dedicato un intero articolo ad un singolo episodio di Ted Lasso dove venivano sviscerati magnificamente i percorsi di molti protagonisti. The Big Door Prize, invece, non è riuscita a farmi appassionare ad un singolo personaggio che sia uno nell'arco di una stagione intera.

Cass e Giorgio, Giorgio e Cass ed il loro inutile flirt, il Father che vuole essere padre e non Padre, il fischiatore/professore che evolve senza mai emozionare e lo fa in maniera impercettibile. Ma davvero? Visto quell'incipit, The Big Door Prize avrebbe dovuto sconvolgermi e ferirmi e invece mi ha lasciato solo la voglia di non continuare, di non guardare la seconda stagione.

A meno che Morpho non abbia qualcosa in contrario...


Sceneggiatura: 4

Regia: 3

Cast: 5

Genere: Dramedy

Complessità: 6,5

Originalità: 6

Autorialità: 6

Intensità/coinvolgimento emotivo: 4

Profondità: 8

Contenuti Violenti/Sessuali: 0

Intrattenimento: 7

Opening: 7

Soundtrack: 2

Produzione: Apple TV Plus

Anno di uscita: 2023

Stagione di riferimento: 1

Voto complessivo: 6,5




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