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Winning Time: il racconto di un'epoca attraverso la NBA

Ve lo avevo detto che sarebbe arrivata presto anche in Italia?


Allora che ve ne pare?


Ne valeva la pena?


Come vi avevo preannunciato in fase di First Impression, Winning Time: The Rise of the Lakers Dynasty avrebbe mandato in brodo di giuggiole tutti gli appassionati di basket e di NBA, specie quelli più nostalgici ed i cui ricordi sono ancorati, soprattutto agli anni '80 ed al leggendario duello fra Magic Johnson e Larry Bird, i 2 ragazzi terribili, draftati nello stesso anno e che sin da subito hanno preso per mano l'intera NBA per traghettarla, grazie anche all'avvento di figure come Jerry Buss, Pat Riley e David Stern nel "circle", nel futuro.

Winning Time è arrivata il 2 Giugno su Sky, accompagnata, anche, da un graditissimo speciale edito da Federico Buffa e Flavio Tranquillo, la coppia più formidabile e rilevante del giornalismo sportivo italiano degli ultimi 30 anni (mia opinione personalissima).

Io che la serie l'ho terminata di vedere ancora prima che arrivasse in Italia, sono in grado di dirvi che tutto fila alla grande, la prima stagione è stata stupefacente, le vibrazioni che ti lascia sono sensazionali.

Non potete, non dovete perderla.

Per nessuna ragione a questo mondo.

Nel post di first impression (che trovate qui) avevo ampiamente esaltato lo show, focalizzandomi soprattutto su quanto fosse una serie fondamentale per gli amanti degli NBA.

Ribadisco che quella forza dirompente accompagna l'intera prima stagione, facendo saltare sulla sedia più volte i veri appassionati della lega. Tante origin story, da quella di Jerry Buss a quella di Pat Riley, passando per Paul Westhead e Michael Johnson, ma anche tante falling story come quella agrodolce di Jack McKinney e quella di "Wood" Haywood. Storie di rinascite e rinnovamenti, come ad esempio quelle di 2 delle più famose star ogni epoca cosi diverse che sembran provenire da 2 pianeti diversi. Kareem Abdul Jabbar, a fine carriera, demotivato, affranto dai disordini sociali e dalla lotta razziale che infiamma il paese, improvvisamente si rianima, acceso da quel fuoco sorridente e carismatico che porta in dote l'arrivo di Magic Johnson.

Jerry West è vulcanico, iroso, ossessivo. "The Logo" lascia la poltrona più prestigiosa e scomoda ad un signor nessuno, un gregario come Jack McKinney e lo fa con tutta la rabbia e la saggezza di chi sa che per permettere alla sua franchigia di splendere è necessario che lui si faccia da parte. Quello che Jerry West non sapeva, però, è che quel suo coraggioso e riluttante gesto, gli avrebbe aperto le porte di una carriera sfolgorante dietro le quinte. Un manager brillante, un punto di riferimento per tutti i Lakers nei decenni a venire.

Nell'arco di tutta la stagione assistiamo a tantissime comparsate che gli appassionati di basket avranno apprezzato e ad altrettanti riferimenti pop che non possiamo certo trascurare.

Uno su tutti?

L'approdo sulla scena della Nike, oggi colosso dell'abbigliamento sportivo ma 50 anni fa sconosciuta a tutti e fuori dal giro che conta. Magic in persona rifiuterà la bizzarra proposta di Mr. Nike, preferendo la più sicura e mainstream Converse.

E poi c'è David Stern che fa capolino, Coach Auerbach che ancora non sa che la sua dinastia è destinata a morire per fare spazio alla visione di Mr. Buss.

Sono cosi tanti gli spunti, le strizzatine d'occhio, le ricostruzioni, da far scoppiare il cuore di ogni appassionato NBA.

Winning Time, però, è anche il racconto di un'epoca.

Un'epoca di chiaro scuri, come forse tutte le ere, fatta di eccessi, di disuguaglianze, di ingiustizie ma soprattutto di esplosività, di colore, di vivacità. E' un pò quello che sembra mancare alla nostra di epoca, molto più "polite", molto più "giusta", molto più "attenta" ma dannatamente più castrata, dimessa, spenta.

Jerry Buss è forse l'emblema della fine degli anni'70 e l'inizio degli anni '80.

Generoso e visionario, galante e frizzante ma anche psicologicamente costrittivo verso le donne che decide di conquistare (abbastanza agghiacciante la scena in macchina con l'infermiera che stava assistendo sua madre), miope nei confronti delle donne che lo circondano salvo poi puntare tutto su di loro nei momenti di epifani. Jerry Buss è dipendente dal sesso e dalle donne, è dipendente dalle sfide, è sempre al limite ma è vivo, è vivo in ogni suo momento passato sulla terra. Una terra che si bagna del sangue degli afroamericani e che si nutre della disparità fra white people e black people.

Wood ed il racconto della sua infanzia sono solo un frame di cosa significasse allora essere "neri". I campi di cotone non si vedevano solo nei film di Barry Jenkins ma rappresentavano ancora, per molti, l'eco di un'infanzia vissuta tra frustrate ed occhiatacce dei propri padroni bianchi.

Era un'America ferita e frastornata in cui gli equilibri stavano per cambiare. Era l'America pre-social e pre-mediatica, quella che Adam McKay e soci ci rappresentano. Lo scandalo Legwinsky ed il processo OJ Simpson erano ancora di là da venire e se volevi restare aggiornato sugli eventi a te più cari dovevi munirti di radiolina o televisore e sintonizzarti solo quando potevi e solo quando era possibile su partite, concerti, notiziari della sera.

Il consumismo divampava e tutti erano ancora ignari delle conseguenze che ci sarebbero stati.

Qualcuno, come Magic, ancora sognava. Altri, come Kareem, ancora potevano permettersi il lusso del riscatto.

Il terzetto Riley-Westhead-McKinney avrebbe fatto gola al "Bardo". Un trio tragico e drammatico quello che porta i Lakers all'inatteso ma desiderato e sudato titolo.

McKinney è l'esaltazione del gregario geniale che alla prima occasione utile mostra al mondo di che pasta sia fatto.

Il destino lo beffa. Il gregario del gregario, l'insicuro Westhead, ne raccoglie il testimone.

Lo spavaldo e confidentissimo Riley coglie al balzo l'unica occasione imperdibile che gli sia capitata nella vita.

I Lakers volano grazie alla coppia improbabile.

McKinney torna.

Lo spettacolo, nel frattempo, era andato avanti ed ora non si può fermare.

Il gregario torna in cantina.

Dimenticato da tutti.

Il gregario del gregario vince ma perde l'amico più vero, il mentore, l'uomo che aveva sempre creduto in lui.

Lo spavaldo Riley saltella su un trampolino che lo porterà a toccare il cielo numerose volte, ancora oggi dopo mezzo secolo.

Il gregario, il gregario del gregario e lo spavaldo.

Un trio improbabile che porta al trionfo i derelitti Lakers.

Il dramma nel trionfo, la gioia nella tragedia.

Un'opera shakesperiana che nessuno ha dovuto inventarsi e che la HBO ha voluto raccontare a noi viaggiatori nel tempo vissuti 50 anni dopo quegli incredibili fatti.

La poesia del basket, fatta di tanti Riley, di tanti McKinney e di tanti Westhead, ci ricorda che lo sport non è foriero di soli Bird-Johnson, di Mr. Buss e di Mr. Auerbach ma ti tanti piccoli indiani messi in fila dal destino sulle tracce del successo e della leggenda.

Sviluppo Personaggi: 9

Complessità: 8

Originalità: 10

Autorialità: 9,5

Cast: 8

Intensità: 7

Trama: 7

Coerenza: 7

Profondità: 7

Impatto sulla serialità contemporanea: 6

Componente Drama: 7

Componente Comedy: 3

Contenuti Violenti: 1

Contenuti Sessuali: 5

Comparto tecnico: 8,5

Regia: 9

Intrattenimento: 9

Coinvolgimento emotivo: 8

Opening: 10

Soundtrack: 6

Produzione: HBO Max

Anno di uscita: 2022

Stagione di riferimento: 1








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