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The Boys: la seconda stagione è meno folle ma più potente

All'alba della stagione 2 avevo mostrato qualche timida perplessità sul trittico di episodi iniziali.

Non c'è bisogno di dilungarsi su quali fossero le piccolissime remore nei confronti della serie tv amazon perchè potete trovare l'intero articolo qui.

L'attesa era enorme e, come spesso accade quando si attende con ansia una nuova stagione di un prodotto importante come questo, l'inizio aveva lasciato quel sapore di gradito ritorno a quelle atmosfere tamarre, violente, poco ortodosse ma al tempo stesso non aveva rappresentato quella ben accetta mazzata sui denti come lo era stata la prima stagione.

Nulla di trascendale insomma, un prodotto che tornava bello come prima e più di prima ma che sorprendeva meno, proprio perchè fedele al sè stesso di 12 mesi fa.

Col passare degli episodi, quel sentimento di leggerissima delusione, è stato via via offuscato, non tanto da un cambio di passo della serie ma, da un cambio di prospettiva di noi spettatori. Abbiamo imparato a vedere oltre gli eroi disfunzionali, i cattivoni con il pene allungabile, i patrioti col complesso di Edipo, teste esplose, schizzi di sangue, blasfemia e unpolitcally correct.

Abbiamo messo da parte, o almeno lo abbiamo assimilato e dato per scontato, lo spirito fumettosamente irriverente che ci ha fatto amare la prima stagione e ad esso abbiamo affiancanto uno spirito più critico, una vista a raggi laser ben diversa da quella di Homelander e molto più chirurgica. La seconda stagione è stata molto più diagnostica, ha lavorato più come un ecografo che come un bisturi.

Vista con questi occhi, forse, scopriremo che The Boys 2 è stata addirittura meglio della prima stagione.

L'impatto su di noi è stato probabilmente meno forte ma quello sulla serialità tutta decisamente roboante.

Siamo passati dallo smantellamento della figura dell'eroe alla distruzione del mito del sogno americano e ancor di più all'annichilimento della società contemporanea.

Il pericolo Homelander è stato sostituito dal pericolo Stormfront.

Il "rincoglionimento" del pubblico verso i propri idoli è stato soppiantato da un "rincoglionimento" tout court.

La parodia sul genere dei "super" si è allargata a macchia d'olio a tutta la società americana, e probabilmente a tutto l'emisfero occidentale, giungendo sino alle alte sfere del Congresso per ramificarsi sino al cittadino/consumatore più inerme e idiota.

Capite bene che l'operazione The Boys, con questa seconda stagione, ha assunto dei connotati molto più importanti. Quella che era stata una dirompente critica e parodia del genere, della società, del mercato e dei social media è divenuta una altrettanto dirompente critica nei confronti di qualsiasi cosa ci circondi.

Il rischio di diventare talmente indifferenti alle tematiche politiche da essere assimilabili a dei tifosi da aizzare, accontentare, veicolare si è palesato ad esempio proprio con questa seconda stagione, una stagione che ha raccontato anche come il mondo sia sempre più polarizzato.

Nel nostro piccolo lo siamo stati anche noi, divisi fra quelli che avrebbero ammazzato per un binge watching e quelli che hanno amato il ritorno alla lenta e classica fruizione della serie in un rilascio settimanale del singolo episodio. Come se non bastasse ci siamo arroccati sulle nostre posizioni, fra quelli che rimpiangevano la prima annata e quelli che hanno amato la seconda.

E' quello che avviene oramai ovunque e comunque in America e nel mondo.


Sei tifoso di Trump o sei contro di lui?

Lebron James o Michael Jordan?

Roger Federer o Nadal?

Europeista o Sovranista?

Contro le armi o a favore?

Difensore dei diritti LGBTQ o omofobo patentato?


Il mondo è diventato una tela bianca e nera, incapace di rappresentarsi attraverso delle scale di grigio.

L'ingresso di Stormfront raccoglie questa sfida e prova a gettare la bomba atomica su quel campo bianconero, attingendo dalla storia, sfiorando la distopia ma lanciando un allarme terribilmente reale.

In una società cosi divisa e superficiale potrebbe bastare un singolo uomo/donna disturbato ma mediaticamente potente per regalare alla storia un nuovo olocausto, una nuova atroce dittatura, una guerra senza confine e senza quartiere contro il prossimo nemico.

E' emblematica, in questo senso, la scena meravigliosamente disturbante che apre l'ultimo episodio.

Homelander presta il suo volto (a proposito: che perfomance è stata quella di Anthony Starr?!) ad una campagna di informazione e sensibilizzazione nelle scuole. Una campagna volta a guidare i ragazzi verso il rispetto della L.A.W., non intesa come legge ma intesa come Lock, Attack , Wait.

Lo potremmo definire il sovranismo/populismo al potere, quello dei Trump e dei Bolsonaro, quello dei Lukashenko e delle multinazionali tossiche pronte a sparare letteralmente contro tutto e tutti per interessi commerciali.

In questa capacità di analisi cosi spietata The Boys assomiglia sempre di più ad un colorato Black Mirror ad altissimo budget più che ad un The Umbrella Academy qualsiasi.

Regalare The Boys a puro intrattenimento è oramai impresa sciocca e impossibile.


A queste attente e stratificate riflessioni sul mondo, The Boys ha agganciato una volontà chiara e ben affermata di voler coccolare e approfondire il percorso di ogni suo personaggio.

Fatta eccezione per la storyline dedicata a Deep (molto poco importante ai fini della storyline principale), tutti hanno beneficiato di una minima ma importante caratterizzazione senza, per fortuna, perdere l'ironia, la disfunzionalità che bene o male identifica ogni personaggio.

Starlight riesce a distaccarsi definitivamente dalla tossicità dei 7.

Queen Maeve vive il suo momento di svolta.

A Train tocca con mani quanto torbido sia il mondo che lui stesso ha contribuito a creare.

Hughie resta nel suo limbo ma emerge chiaramente in lui la voglia di costruire con le proprie mani la sua stessa esistenza.

Mother Milk potrebbe abbandonare il gruppo ma non lo fa.

Kimiko e Frenchie intraprendono una strada che li porta a diventare intimamente amici.

E poi ovviamente ci sono Butcher e Homelander, ancora una volta grandissimi mattatori della stagione.

Su Butcher scopriamo molte più cose appartenenti al suo passato, con un episodio interamente dedicato a lui e una serie di sequenze che lo vedono coinvolto con il padre (saluti a John Noble, è sempre un piacere rivederla!), con Becca e con personaggi noti o meno noti che aggiungono informazioni e profondità al personaggio interpretato da Karl Urban. Oltre all'approfondimento assistiamo anche ad una serie di momenti nei quali Butcher si trova costretto o sceglie di decidere. Saranno momenti cruciali per l'evoluzione del personaggio ed il fatto che Eric Kripke e compagni vogliano stratificare il personaggio e metterlo di fronte allo specchio è un segno di forza (scongiurata la Daryl Dixon sindrome...).

Homelander, pur non ricevendo lo stesso approfonimento in termini di background, viene forse ancor di più messo sotto la luce dei riflettori.

L'arrivo di Stormfront sposta le attenzioni sulla nuova eroina del popolo, gettando, di riflesso, un'ombra lunghissima sul Patriota. L'offuscamento della sua fama ci permette di sentenziare definitivamente che Homelander è un uomo pericolosissimo con poteri enormi ma è anche un uomo che sbaglia, uccide, mortifica perchè mosso dal proprio ego e dall'incommensurabile voglia di essere amato (la scena finale della masturbazione sul tetto del mondo è epica in tal senso).

In un'accezione più universale, Homelander non risulta un vero pericolo pubblico. Non c'è una missione salvifica e contorta che lo spinga ad agire come agisce, non vi è un diabolico piano, non c'è un odio verso razze, religioni, individui ma solo la perseveranza della celebrità e dell'affetto pubblico.

Stormfront fa da contraltare, permettendoci di immaginare i risvolti di un potere cosi devastante nelle mani di una furiosa e maniacale odiatrice, strategicamente 1000 passi avanti al Patriota e attaccata a malsani principi che attingono a piene mani dal nazionalsocialismo.

L'arrivo di Stormfornt gela Homelander ma riscalda il rapporto del pubblico (quello reale) nei confronti del personaggio di Anthony Starr, più solo che mai e con un barlume di empatia e paternalismo nei confronti di Ryan.


The Boys 2 si è dimostrato essere un prodotto tutt'altro che banale, consapevole dei propri mezzi e orgoglioso delle proprie origini.

Kripke e gli altri autori sono riusciti, senza grosse sbavature, a ritornare alla carica più forti di prima, lasciando inalterate le dinamiche della prima stagione, le sequenze trash, le scene cult, il carisma e la follia dei propri personaggi, sostituendo l'effetto sorpresa con una più lenta e profonda analisi della società americana.

In questa seconda stagione, volendo essere più seri del dovuto, cogliamo un clamoroso grido di aiuto che noi stessi rivolgiamo, indovinate a chi?

A noi stessi.

Sembra quasi che The Boys 2 ci spinga a svegliarci, in uno strano e contorto modo (Fargo docet), svegliarci dal torpore a cui gli smartphone ci hanno relegato, alla riscoperta di uno spiriti critico e di un senso civico oramai sopiti.

Il finale è abbastanza anticlimatico anche per questo motivo, perchè proietta lo spettatore verso un orizzonte che non ci aspettavamo di vedere riflesso in The Boys ma che ci accorgiamo poter essere possibile proprio passando dalla consapevolezza che quegli splendidi e potentissimi imbecilli sono lo specchio delle nostre idolatrazioni, dalla nostra rassegnazione a demandare ad altri il controllo delle nostre sensazioni ed emozioni, delle nostre vite.

Forse Kripke ed Amazon volevano solo intrattenerci, chissà, ma nel farlo sono riusciti a scavare molto molto a fondo nella superficie delle cose.

La terza stagione è già in cantiere e sarà sicuramente un altro pugno nello stomaco tirato a suon di parolacce e ironici riferimenti alla contemporaneità.


 

Trama: 8

Sviluppo Personaggi: 7

Complessità: 9

Originalità: 10

Cast: 7

Impatto sulla serialità contemporanea: 9

Componenete Drama: 6

Componente Comedy: 6

Comparto tecnico: 7

Regia: 7++

Intrattenimento: 10

Coinvolgimento emotivo: 6,5

Soundtrack: 8++

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