Mi stavo preparando a scrivere un post di fine anno sulle migliori serie tv del 2020, o meglio uno dei tanti post che intendo scrivere e proporvi di qui al prossimo mese per fare insieme un bilancio dell'anno del covid ma in salsa seriale, quando ho pensato che sarebbe stato interessante buttare giù qualche riga su quello che è stato il 2020 a livello di offerta televisiva, in un mondo sempre più streaming e sempre meno classico, dove alle modalità di fruizione standard a cui eravamo abituati sino a 5/10 anni fa si sono affiancate, sino a diventare esse stesse nuovi canoni, nuove modalità di fruizione.
Non più la tv, o almeno non solo la tv, ma device come PC, Tablet o smartphone. Addio ai palinsesti da rispettare rigorosamente e spazio all'epoca della "peak tv".
Non più appuntamenti fissi ma un menù sempre più fai da te e sempre più personalizzabile.
Il binge watching, da moda passeggera è diventato un filone preponderante, finito per essere un nuovo vocabolo nel dizionario di tutti i giorni.
La sua recente evoluzione, lo speed watching, è diventata un fenomeno che persino Netflix ha sdoganato, facendoci scivolare in una sorta di spinoff di Black Mirror.
Proprio sullo speed watching ho trovato perfetto l'articolo di serialminds.com scritto da Diego Castelli e che potete trovare qui.

E' stato anche l'anno in cui la filosofia Netflix ha dovuto scontrarsi con l'astro nascente dello streaming: Disney Plus. Un nuovo ingresso atipico visto la mole di prodotti che il colosso Disney / Marvel porta immediatamente nel suo catalogo e gli investimenti protesi a far divenire nel giro di pochissimi anni la piattaforma streaming della casa di Topolino il nuovo punto di riferimento. Il biglietto da visita è stato The Mandalorian, che in sole 2 stagioni ha già convinto tutti e permesso a Disney Plus di raggiungere quasi la metà degli abbonamenti worldwide di Netflix. In parole povere: Netflix sarà superata nel numero di abbonamenti in un tempo brevissimo proprio da Disney Plus, nonostante la prima produca decine di titoli al mese e Disney Plus nel suo primo anno ne abbia prodotto uno soltanto. E' in atto una vera e propria guerra ed è impensabile che il colosso Disney non vinca la guerra dell'intrattenimento, forte di un catalogo già ricco dei tanti titoli Marvel/Disney usciti negli ultimi anni, dai film del Marvel Cinematic Universe ai live Action dei grandi classici, e soprattutto foriera di un rinnovamento e rinvigorimento della mitologia Star Wars avvenuta con The Mandalorian e che nei prossimi anni vedrà una nuova fase che si preannuncia scoppiettante.
Aggiungete a questo una valanga di titoli e spinoff che andranno ad incastrarsi o a deviare dal MCU, da Loki a WandaVision e tanti altri, e otterrete un mix esplosivo che metterebbe KO chiunque.
Disney Plus rappresenta obbligatoriamente il futuro, che ci piaccia o no. Troppo impetuoso l'investimento che è stato fatto, troppo famosi i franchising di cui detiene i diritti, troppo potente il richiamo Marvel e Star Wars.
Netflix, dal canto suo, si appresta ad arrivare a 200 milioni di abbonamenti, consapevole di essere colei che ha inventato questo nuovo modo di fare televisione, e anche cinema purtroppo, e sta provando a giocare d'anticipo.
Come?
Investendo tantissimo nelle produzioni "locali" che in un'ottica globale significherebbe nazionale.
Prendete il caso dell'Italia, tanto per parlare di cose comprensibili a noi tutti.
Baby, Suburra, Cuaron, Summertime, sono tutti titoli di serie tv nate, cresciute, sviluppate e pensate in Italia. Netflix ci ha messo i soldi, ha assemblato il tutto e lo ha lanciato nel catalogo mondiale, con il chiaro intento, però, di fidelizzare maggiormente il pubblico italiano.
Per chi scrive, qualitativamente, le produzioni italiane Netflix rappresentano una chiarissima regressione rispetto ai Romanzo Criminale, Boris, Gomorra, L'amica Geniale, Petra, The Young Pope, eppure è innegabile che ci siano stati tantissimi italiani che hanno sottoscritto o confermato il proprio abbonamento a Netflix convinti proprio da queste produzioni che sentivano più vicine.
Spalmate questa strategia su decine di paesi con decine di milioni di abitanti (e quindi potenziali utenti) e capirete perchè Netflix ha iniziato ad adottare questa tattica.
E' un chiarissimo esempio di "Sei tu il prodotto". In questo caso siamo noi spettatori ad esserlo, targettizzati in maniera chirurgica per convincerci a dare uno sguardo e restare fedeli abbonati.
Ma Netflix ha anche iniziato a cambiare la strategia che l'aveva resa famosa all'alba di questo nuovo mondo.
Ricordate i tempi in cui venivano annunciati i rinnovi per 3 stagioni di Orange is The New Black e House of Cards?
Dimenticateli.
Erano segno di affidabilità e pianificazione e per almeno 3 anni Netflix era riuscita a non cancellare mai nessuna serie tv originale.
Pian pianino questa logica ha iniziato a cambiare. Una cancellazione qua e la è sopraggiunta ed oggi è divenuta la regola. Il caso più emblematico è rappresentato da G.L.O.W., la serie tv con Alisson Brie che era stata rinnovata per un'ulteriore stagione salvo essere cancellata brutalmente, ufficialmente a causa del covid.
Oggi Netflix non è più un porto sicuro. Quella che potrebbe sembrare una caotica e scostante manovra volta a salvaguardare il patrimonio complessivo dell'azienda è in realtà una scientifica strategia dettata dal fattore brevità.
Oggi Netflix sta puntando su moltissime serie tv brevi sia a livello di orizzonte temporale che sui singoli episodi. Vedremo sempre più Sex Education e Unorthodox e sempre meno House of Cards e Orange is The New Black. Pochissime stagioni ed episodi di durata minimale. Fatta eccezione per