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What We Do in The Shadows: un mockumentary vampiresco targato FX

Esistono delle serie tv straconsigliate, ultrapremiate e presenti più o meno nella classifica di ogni Nerd che si rispetti. Alcune di esse, però, posseggono uno strano magnetismo inverso che le relega in un cassetto fino a quando un giorno non decidi di recuperarle.

Da copione, e senza alcun twist inaspettato, queste serie tv, dopo il binge watching sfrenato, finiscono per essere un caposaldo delle proprie classifiche, delle proprie liste, dei propri consigli.

What We Do in The Shadows appartiene sicuramente a questa categoria, nonostante sia una serie giovane e con all'attivo solo 2 stagioni.

Da 2 anni faceva parlare di sè, da 2 anni sul suo nome vi era una spunta sulla casella "assolutamente da vedere" e da 2 anni veniva continuamente ignorata.

Vi era da guardare il titolo del momento, da prepararsi al finale di Game of Thrones, da immergersi in Watchmen, da spulciare I Know This Much is true, vivisezionare We Are Who We Are, godere di Better Call Saul, scrutare I May Destroy You, respirare un clima fumettoso e supereroistico con The Umbrella Academy, The Boys e la fine di Marvel Agents of Shield, scoprire come Apple TV stesse spendendo il suo budget tra Defending Jacob, Ted Lasso e Tehran, attendere con ansia febbricitante il ritorno di Fargo, sedersi comodamente e tuffarsi nel mondo nuovo di David Simon ed il suo The Plot Against America, stropicciarsi gli occhi di fronte alla nuova saga criminale di Gangs of London, chiudersi nella stanza di Criminal, parlare e seguire gli Emmy 2020, assistere al debutto di HBOMax con Love Life e Raised By Wolves, scoprire se Lovecraft Country sarebbe stata davvero la nuova Watchmen, perdersi nella fantasia di Dispatches From Elsewhere e partire con l'ultimo treno Dark o ritrovarsi nella Banca di Spagna con la Casa di Carta.

Perdonate il lungo excursus ma era un modo per mettere in vetrina le tante serie tv recensite e approfondite su serialfiller.org e da un lato era un modo oggettivo per mostrarvi come a volte sia difficile trovare un "buco" e riempirlo con una decina di ore in compagnia di una serie tv da recuperare.



L'imperdonabile attesa è stata però ampiamente ripagata.

What We Do In The Shadows è un mockumentary (un falso documentario, un genere che sta letteralmente spopolando recentemente) trasmesso da FX dal 2019 e che rappresenta una solta di spinoff, di estensione dell'omonimo film del 2014.

Siamo nella New York di oggi, precisamente a Staten Island, i protagonisti assoluti sono un gruppo di vampiri che da secoli sopravvivono ai cambiamenti che si susseguono nel mondo che scorre sotto i loro piedi.

I succhiasangue vivono la loro vita (quasi) eterna restando fedeli a se stessi e ancorati alla loro esigenza di sangue. Dovranno mimetizzarsi continuamente, attraversando secoli, tradizioni e difficoltà sempre più estreme nel camuffarsi fra la folla, confondersi fra uomini e donne che evolvono, che vivono di giorno e dormono di notte al contrario di chi invece alla luce del giorno rischia di perdere la vita.

La scelta di mettere in scena una storia fantasy, come questa e riservata ad un pubblico abbastanza di nicchia, sottoforma di mockumentary è probabilmente la cosa più geniale che si potesse fare, e rappresenta il valore aggiunto vero che What We Do In The Shadows porta in dote alla serialità contemporanea.

Assistere agli eventi che ruotano intorno ad un gruppo di vampiri può essere interessante fino ad un certo punto ma alla lunga rischia di stancare anche i più affezionati al genere.

Sfruttare la struttura del falso documentario permette, invece, di guardare da un'altra prospettiva la vita di questi esseri millenari ma, soprattutto, permette, di riflesso, di osservare noi, esseri umani spaventati, indifesi, paralizzati in una vita grama e sempre alla rincorsa, sempre alla ricerca di qualcosa che probabilmente non c'è.


Vi è una sorta di parresia costante dei protagonisti che scivola su noi spettatori con una vena di amarezza che scorre fra le divertentissime gag messe in scena episodio dopo episodio.

Il distacco di Nandor, Laszlo, Nadia e Colin Robinson dal genere umano, permette loro di parlare, e di parlarci, francamente senza avere mai esitazioni o peli sulla lingua.

Il ruolo di Colin Robinson nella serie, apparentemente defilato, è forse quello che offre maggiori spunti di riflessione.

Lui, un emotional vampire, si aggira nei luoghi per noi "normali" per succhiare la linfa vitale, per prosciugare il residuo entusiasmo che alberga nei dipendenti di multinazionali, nei pubblici uffici, in chiunque stia buttando alle ortiche la propria vita in nome di un post più o meno fisso, un reddito più o meno minimo, spinto dalla sopravvivenza e l'apatia più che dalla volontà e dalla passione.

Un Vampiro Emozionale come Colin ha vita facile in questi luoghi e la dinamica che ci viene mostrata ci diverte ma ci induce anche a riflettere sulla nostra condizione.

La serie è completamente circondata di momenti esilaranti ma è grazie ad ognuno dei suoi personaggi che riesce a divertire in modi differenti e a scavare a fondo nella nostra società, in maniera differente.

Nandor rappresenta l'uomo nostalgico, inetto, se vogliamo anche tenero ma che è avulso dalla realtà che lo circonda. Nandor è un uomo fuori dal proprio mondo e per contrasto fa emergere quelli che sono gli uomini che immersi nel proprio mondo, nel proprio contesto, sembrano spaesati e smarriti come lui, in cerca di un guizzo, di un brivido, di un'identità.

Laszlo è il più guascone di tutti e anche quello che meglio si adatta alla sua condizione, spesso fregandosene dei costumi e delle situazioni a cui dovrebbe plasmarsi ma riuscendo meglio di tutti a mimetizzarsi, spesso goffamente, e sentirsi parte di ogni tempo da lui vissuto. L'episodio in cui si "trasforma" in Jack Daytona è una perla rara che tutti i fan della serie sicuramente ricorderanno.

Nadia è la spalla femminile che aggiunge quel tocco di sana distrazione, di perturbazione alle scorribande del suo amato Laszlo, pronto a tradirla continuamente ma a farla sentire a casa e desiderata in ogni dove. Il loro stare insieme è la vera ancora che, nel buio delle loro bare, li tiene uniti alla dimensione terrena a cui sono relegati.



Sono tante le guest star che sopraggiungono a minare l'equilibrio del gruppo, ognuna identitaria di una minoranza settaria che gli autori vogliono bersagliare in modo da contribuire all'analisi complessiva della società contemporanea.

E' inutile dire che aldilà della spietata e brusale disamina sull'oggi, a tenere alta l'attenzione è la parte comica della serie, componente che non potrebbe essere altrettanto efficace senza la presenza di Guillermo, il "famiglio" di Master Laszlo.

Guillermo è l'unico protagonista a non essere un vampiro. E' un ragazzo ispanico (dettaglio non casuale e indicativo di quale sia la "figura" sociale da colpire e affondare) che sogna di diventare un vampiro.

La sua riverenza, fedeltà e lealtà nei confronti del padrone è encomiabile.

Ragazzo professionale e attento, è lui ad occuparsi di tutte le mansioni che spetterebbero ad un normale badante/magiordomo/curatore di una qualunque casa padronale. La sua lealtà è figlia di un preciso sogno: diventare un vampiro a sua volta.

Lo scorrere del tempo, la consapevolezza che le promesse del padrone potrebbero non essere mai rispettate, inizieranno ad instillare un dubbio nella testa di Guillermo che lo porterà ad essere sempre più scontroso, ribelle e irriverente ma al tempo stesso legato al gruppo che da anni lo sfrutta, lo vessa, lo ignora (e ancora una volta queste dinamiche potrebbero ricordare quelle che ogni laureato sfruttato, operaio malpagato, commesso umiliato, vedrà come familiari).

Il suo percorso è quello più aperto e più burrascoso e occuperà uno spazio sempre più importante nell'economia della serie.

What We Do In The Shadows è, insomma, una vera gemma, è un prodotto di cui pensavi di non aver bisogno e di cui invece non potrai più fare a meno.

Prendere quel contesto li, cosi di nicchia, cosi poco mainstream e incanalarlo in un genere poco conosciuto come il mockumentary, piazzandogli dentro una comicità molto forte, molto spinta rendendo piacevole e divertentissimo questa esplorazione di un sottomondo vampiresco che mette a nudo il nostro di mondo, rendendo, contestualmente, vulnerabili esseri potenzialmente eterni come Colin, Laszlo, Nadia e Nandor.

Un prodotto geniale, che forse vi spiazzerà all'inizio ma che poi diverrà familiare e vi riempirà di soddisfazione e affetto per questi strambi ma deliziosi personaggi.



 

Trama: 8

Sviluppo Personaggi: 8

Complessità: 7

Originalità: 9

Cast: 6

Impatto sulla serialità contemporanea: 7+

Componenete Drama: 5

Componente Comedy: 9

Comparto tecnico: 6

Regia: 6

Intrattenimento: 9

Coinvolgimento emotivo: 7

Soundtrack: 6+

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